Planetarium, il film sullo spiritismo di Rebecca Zlotowski, era passato rumorosamente fuori concorso al festival di Venezia, vista la presenza della diva Natalie Portman e della chiacchierata semiesordiente Lily-Rose Depp, figlia di Johnny Depp e Vanessa Paradis.
L’ispirazione di partenza è duplice: da un lato la storia delle sorelle Fox, tre medium che diffusero lo spiritismo in America alla fine del 19esimo secolo. Dall’altro la vicenda del produttore cinematografico Bernard Natan, ebreo romeno naturalizzato francese che negli anni della Seconda guerra mondiale subì una pesante campagna di diffamazione antisemita e fu consegnato nel 1942 dal governo francese agli occupanti nazisti.
L’incastro nella sceneggiatura scritta da Rebecca Zlotowski e Robin Campillo (collaboratore abituale di Laurent Cantet) diventa in Planetarium la storia delle sorelle americane Barlow che a Parigi, alla fine degli anni Trenta, si guadagnano da vivere con spettacoli di spiritismo. Il produttore cinematografico Korben (Emmanuel Salinger) decide di provare l’esperienza d’una seduta. Qualcosa scatta, e alla sua memoria affiora una figura enigmatica che l’ossessiona. Le sorelle si trasferiscono a casa di Korben e la maggiore, Laura (Portman) viene coinvolta come attrice in un film grazie al quale il produttore vorrebbe catturare le autentiche immagini degli spiriti.
Planetarium è tutto giocato sulla simmetria tra cinema ed esoterismo, entrambe arti d’una illusione ambiguamente veritiera. Il regista del film che Laura interpreta la dirige facendole eseguire gli stessi gesti che lei fa compiere alle persone che si sottopongono alla seduta spiritica. E cosa fa l’attore se non, come uno spiritista, evocare fantasmi forse fittizi forse reali? Infatti Laura definisce lo spiritismo “il dono di fare in modo che le persone vedano quello che vogliono vedere. Persino i più scettici alla fine credono a tutto. Anche se sanno che non è vero”.
Korben vuole fondere queste due arti dell’illusione che profumano di realtà, impiegandole come una seduta psicanalitica, per scovare, al fondo d’un sogno a occhi aperti, il significato delle immagini di cui è ostaggio. Planetarium ruota intorno a un’ossessione prettamente cinefila: infatti quando Kate (Depp) si sottopone a un esperimento per testare i suoi poteri paranormali, indossa delle apparecchiature che ricordano tanto Metropolis quanto l’estetica pop dei film di fantascienza anni Sessanta.
Sarebbe già abbastanza come livelli di lettura. Ma Planetarium va oltre: e non solo vuole raccontare la dinamica erotico-esoterica di questo curioso triangolo, ma aggiunge l’ambientazione negli anni del nazismo e della Francia occupata, per parlare di politica e antisemitismo.
Così il racconto sullo spiritismo di Planetarium, nonostante la presenza di Natalie Portman, finisce per soccombere sotto i troppi temi accumulati. Ne risente anche la sceneggiatura farraginosa d’un film estetizzante, compiaciuto e di pericolosa cinefilia, che parla di ossessioni cui non sa dare loro corpo. Che è la stessa cosa che accade a Korber. Il quale vorrebbe disperatamente catturare su pellicola gli evanescenti spiriti che affollano la sua mente. Ma quando un suo assistente vede il risultato filmato di tanti sforzi, il suo commento è laconico: “Con gli effetti speciali avremmo fatto molto di meglio”.