Stasera in tv su Rai Tre c’è Viva l’Italia con Alessandro Gassmann e Raoul Bova. Il regista Massimiliano Bruno punta senza mezzi termini alla commedia civile con ambizioni d’affresco sui guasti del Belpaese. Il punto di partenza è il malore che coglie l’onorevole maneggione Michele Spagnolo (Michele Placido), ovviamente mentre si sta sollazzando con l’aspirante attricetta di turno, giusto un attimo dopo aver finito di tessere le lodi della famiglia pilastro della società a un convegno. I postumi del malore consistono in un irrefrenabile impulso a dire la verità.
Ne fanno le spese la moglie (che viene a sapere d’essere stata abbondantemente cornificata) e i tre figli: Susanna (Ambra Angiolini), attrice di fiction tv, “cagna maledetta” con parlata blesa, che lavora solo grazie alle raccomandazioni dell’onorevole; Valerio (Alessandro Gassmann), il fesso di famiglia che ha fatto carriera come manager per le medesime ragioni; Riccardo (Raoul Bova), medico d’un disastratissimo ospedale pubblico, il ribelle di famiglia che la vita se l’è costruita con le sue mani – ma le spintarelle le ha avute, a sua insaputa (ricorda qualcosa?).
I tre per accudire il padre tornano sotto il tetto di casa Spagnolo, anche per tenerne sotto controllo la fregola verbale, che potrebbe scoperchiare scandali capaci di far saltare più d’una testa coronata della politica italiana.
Viva l’Italia, lo notava acutamente Guido Vitiello, ha qualche curiosa consonanza con un film coevo, Viva la libertà di Roberto Andò, dove c’è un altro politico pazzo (Toni Servillo) che con la sua metodica follia mostra le magagne della classe dirigente. Ma lì il tutto assume il tono alto del pensoso racconto morale di sinistra (e per questo finisce per essere molto più ridicolo), mentre Massimiliano Bruno punta sulla commedia qualunquista e anticasta, nella quale per la foga di portare avanti la sua tesi infila dentro di tutto, compilando alla rinfusa un catalogo dell’Italia contemporanea che semplifica con l’accetta, ma che non è forse del tutto inesatto.
In Viva l’Italia funziona la direzione di un cast pieno di protagonisti macchiette comparse, da Edoardo Leo che ripete il suo ruolo da sfigato come guardia del corpo della Angiolini, a un esilarante Rocco Papaleo, suo agente gay (che ha la battuta più veritiera del film: “So’ comunisti, gli piace scannarsi tra loro”), Edoardo Falcone (sceneggiatore del film) in versione stalker, gli anziani Isa Barzizza (ed è subito profumo di rivista) e Remo Remotti (ed è subito Nanni Moretti), persino l’apparizione trash di Cristiano Malgioglio.
Poi però c’è una commistione di registri troppo disinvolta. Perché Viva l’Italia parte serissimo, col monologo di un presentatore tv (lo stesso Massimiliano Bruno) incentrato nientedimeno che sulla Costituzione, “un capolavoro di fantasia e umorismo”, ammonisce corrucciato. E in fondo il film è la storia di come gli articoli di quel nobile testo siano stati disattesi da questo paese pappone e infingardo. Dove ci sono primari che fanno cascare a pezzi l’ospedale pubblico per portarsi i pazienti in clinica, salvo rispedirli indietro se qualcosa va male; i politici di destra e sinistra che fingono di litigare e poi dietro le quinte si spartiscono la torta (portandosi a letto tre prostitute tricolori, discutibilissima scena modello “è tutto un magna magna”); dove Spagnolo porta il figlio a L’Aquila e gli dice che la villa di famiglia l’ha costruita coi soldi delle mazzette intascate per le case crollate col terremoto, sequenza che non sai se censurare per il moralismo un tanto al chilo o apprezzare per il rischio che si prende.
Accanto all’impegno civile spunta pure la commedia nostalgico-sentimentale in Viva l’Italia, coi tre figli che tornando nelle camerette in cui sono cresciuti ridiventano ragazzini, riattivando conflittualità mai sopite e il piacere perverso di stare sotto l’ala di questo padre infingardo però forte come una roccia (sarà forse l’infantilismo il minimo comun denominatore dell’Italia di oggi?). E s’aggiunge anche il grottesco-demenziale del sottobosco televisivo e cinematografaro in salsa Boris (di cui ricorrono pure gli attori, Ninni Bruschetta e Valerio Aprea).
Questo guazzabuglio raggiunge il punto di sintesi e fusione nella morale conclusiva di Viva l’Italia, che non può che essere ambigua, velleitaria e confusa come la struttura del film. La soluzione di tutto infatti starebbe nel diritto alla verità, come sostiene Spagnolo nel tremendo, didascalico pistolotto finale sull’Italia paese dei furbi. I tre figli, entusiasti, si riconciliano col padre. E però sembrano sposarne il cinismo, dato che, a fin di bene per carità, ma si son fatti spazio a furia di ricatti. Però è tutto a posto, perché tanto poi torti e ragioni li stabilirà la magistratura. Insomma Viva l’Italia non è un bel film, ma è vitale, pieno di cose, col pregio, per chi volesse studiarla tra vent’anni, di offrire uno straordinario bignami degli umori e delle (sotto)culture dell’Italia degli anni Zero.
Viva l’Italia (2012) di Massimiliano Bruno, con Alessandro Gassmann, Raoul Bova, Ambra Angiolini, Michele Placido, stasera in tv su Rai Tre alle 21,15.