American Sniper, stasera in prima tv il film di Clint Eastwood con Bradley Cooper

Appuntamento alle 21.10 su Canale 5 con la storia vera del cecchino Chris Kyle, eroe della guerra in Iraq. Un'opera che racconta un'America profonda patriottica e tradizionalista, criticata per il modo unilaterale in cui dipinge gli iracheni. Ma non è un film manicheo, ambiguo semmai.

American Sniper di Clint Eastwood stasera in prima tv su Canale 5

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Stasera in prima tv su Canale 5 c’è American Sniper di Clint Eastwood. È il più grande successo al botteghino nella carriera di Eastwood regista: 350 milioni di dollari incassati negli Stati Uniti, cui ne vanno aggiunti altri 197 sul mercato mondiale. Il film uscì sul finire del 2014: col senno di poi, o meglio col senno di Trump, se si fossero capite bene le ragioni del trionfo al botteghino di questo film, forse ci si sarebbe sorpresi un po’ meno per la vittoria di The Donald alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti.

Nel senso che American Sniper ha dato sicuramente voce a un’America profonda, patriottica ai limiti del nazionalismo e anche oltre, che non ha faticato a riconoscersi nel protagonista del film, l’eroe di guerra Chris Kyle, il cecchino che nel conflitto in Iraq ha ucciso 160 nemici (interpretato da Bradley Cooper). Quella stessa America che, senza alcun dubbio, è stata l’ossatura del bacino elettorale di Trump.

Attenzione, con questo non si vuol dire che American Sniper costituisca un peana al nazionalismo regressivo di Trump, di cui il recente muslim ban rappresenta l’espressione più lampante. E nemmeno che Eastwood, il quale è forse l’unica star di Hollywood apertamente repubblicana, sia un fan sfegatato del nuovo presidente. E se solo ci si rilegge l’intervista incriminata di Esquire, si capisce che anche il suo presunto endorsement è più la trovata di giornalisti in cerca di un titolo a effetto che una cosa reale.

Premesso ciò, non si può negare che il film di Eastwood incida il solco in un territorio politicamente minato, destinato a generare polemiche a non finire. Perché la storia di American Sniper, tratta dall’autobiografia di Chris Kyle, è quella d’un americano granitico, convinto di essere andato in guerra per difendere dalla minaccia degli iracheni e del terrorismo islamico i valori del suo paese ai quali è stato educato da bambino: Dio, Patria, Famiglia. E infatti le reazioni non sono mancate, soprattutto in area liberal, come quella di Michael Moore, che definì tutti i cecchini dei codardi, o quella di Seth Rogen, il quale scrisse in un tweet che American Sniper gli ricordava il finto film di propaganda nazista proiettato in Bastardi senza gloria di Tarantino, che glorificava un infallibile cecchino tedesco.

I rischi di celebrazione di guerra e violenza, persino dell’odio anti-islamico, sono però connaturati a un film come American Sniper, che si sceglie volutamente la posizione più scomoda e discutibile. Ma questo più che un limite, rappresenta un pregio, la conferma della capacità di Eastwood di sottrarsi alla piatta correttezza politica. Quello che fa la differenza è il modo in cui si affronta la materia problematica che ci si è scelti.

E su questo si può dire che, certo, American Sniper non è un’opera pacifista, ma nemmeno un’esaltazione acritica del militarismo. Eastwood regista costruisce un racconto problematico, a partire dalla fotografia piatta e naturalista, che rifugge toni sensazionalistici ed epicizzanti e si sforza di mostrare gli uomini in battaglia per quello che sono.

Sintomatico poi che le prime due persone uccise da Kyle siano una donna e un bambino in procinto di compiere un attentato: il film dichiara subito e senza eufemismi che la guerra è un inferno fatto di tragiche scelte morali, che va indagato dall’interno e non giudicato attraverso astratte dichiarazioni pacifiste. Un film britannico più recente, Il diritto di uccidere, racconta lo stesso dilemma morale, scegliendo però una posizione più netta, d’una correttezza politica certo nobile, ma anche meno rischiosa, quasi didascalica. E il didascalismo non è certo la chiave che interessa a Eastwood. Che per spiegare le scelte del suo personaggio le riannoda al retroterra umano e culturale in cui è cresciuto (con una scelta identica al film che fa da modello ideologico per il cinema bellico americano, Il sergente York di Howard Hawks, altra storia d’un infallibile cecchino).

L’etica di Kyle è fondata su un discorso fattogli da bambino dal padre: gli uomini si distinguono in tre categorie, le pecore che subiscono, i lupi prevaricatori e i cani da pastore che difendono i deboli. Lui naturalmente è un cane da pastore. Non c’è altro da sapere sugli uomini: e su questo istintivo senso della giustizia Kyle fonda tutte le sue scelte, anche quella di partire per l’Iraq, dopo aver assistito al crollo delle Torri gemelle.

È stata molto criticata la rappresentazione unilaterale degli iracheni, ritratti come fanatici terroristi. Questo però è il punto di vista di Kyle, la cui unica prospettiva – certamente parziale – è il mirino del fucile, attraverso il quale vede un mondo fatto di distinzioni inequivoche, da un lato il nemico, dall’altro i commilitoni da difendere. Far coincidere la visione unilaterale di Kyle con quella di Eastwood sarebbe però puerile, e anche ingeneroso. Proprio lui che ha girato due film sulla Seconda Guerra Mondiale, Flags of our Fathers e Lettere da Iwo Jima, per raccontare il conflitto sia dall’angolazione americana che giapponese.

American Sniper non sposa tesi monolitiche e affonda senza preconcetti nella materia ribollente della guerra, in cui si impastano miserabilità ed eroismo quotidiano. A conferma di uno sguardo per nulla manicheo, verso il finale Eastwood immerge i combattenti in una metaforica tempesta di sabbia, nella quale non si distinguono più i buoni dai cattivi e Kyle vede incrinarsi i valori in cui crede.

Bradley Cooper offre un’interpretazione di grande sensibilità, da cui emergono tanto il carattere trasparente e onesto di Kyle, quanto gli improvvisi smarrimenti di fronte a una realtà cui applica categorie troppo nette e riduttive. Contrariamente alle apparenze, Eastwood ha firmato un film sottilmente complesso su un uomo per cui nutre rispetto e ammirazione: per la sua rettitudine non fanatica, la semplice nobiltà, il patriottismo e la bontà di fondo.

Un dubbio però resta. Leggendo le pagine dell’autobiografia di Chris Kyle, emerge un uomo diverso. Il vero Kyle descrive l’atto di uccidere come qualcosa di “divertente”, che lui “ama”, ed è graniticamente certo che gli uomini che ha eliminato siano cattivi, dei “dannati selvaggi”. Una figura insomma, meno retta e nobile di quella tratteggiata da American Sniper. Non sono in discussione le scelte del film: trattandosi di fiction, il riadattamento della realtà ai propri fini è legittimo. Però, data la naturale sovrapposizione di personaggio e persona reale che fa lo spettatore, viene da chiedersi se questa volta Clint Eastwood, per portare avanti le proprie tesi, abbia scelto la storia giusta.

American Sniper di Clint Eastwood, con Bradley Cooper e Sienna Miller, stasera in prima tv su Canale 5 alle 21.10