Con l’annuncio del tour intercontinentale che porterà gli U2 in concerto in Nord America ed Europa, Italia compresa con una data allo stadio Olimpico di Roma a luglio, la band ha finalmente svelato i progetti dal vivo del 2017, confermando anche l’attesa uscita di un album che avrebbe già dovuto essere dato alle stampe ma si sta facendo attendere più del previsto.
A parlare dello stato dell’arte in una lunga intervista a Rolling Stone è stato The Edge, lo storico chitarrista della band irlandese: quest’anno gli U2 porteranno in scena uno spettacolo dedicato al trentennale del loro capolavoro assoluto, The Joshua Tree, dunque non presenteranno in concerto brani inediti ma celebreranno un successo che dura ormai da tre decenni e che gli ha permesso di imporsi definitivamente oltreoceano e sul mercato internazionale. Non si tratta però soltanto di un’operazione nostalgia, come spiega The Edge, piuttosto dell’attualizzazione di un progetto che nonostante sia ormai datato può vantare una contemporaneità incredibile.
Dopo il tour arriverà anche l’album Songs of Experience, il seguito di Songs of Innocence che fu rilasciato ormai nel 2014 e seguito da un tour che per la band non è ancora un capitolo chiuso. A far slittare di diversi mesi l’uscita del secondo volume di questo progetto unico sono state le contingenze: gli scossoni sul fronte politico hanno fatto irruzione nella vita del gruppo e nel lavoro di scrittura, imponendo una riflessione più profonda sui tempi difficili che stiamo vivendo, sull’incertezza politica ed economica che ha portato all’affermazione da un lato della Brexit nel Regno Unito e dall’altro di un outsider come Donal Trump negli Stati Uniti.
The Edge spiega che proprio la necessità di indagare meglio certi fenomeni dell’attualità è alla base del ritardo nella lavorazione del disco.
Dopo la fine del vecchio tour per innocence and experience ci siamo impegnati a terminare il secondo album del set Songs of Experience, che era già quasi completo dopo un paio di settimane di ritocchi finali verso la fine dell’anno: poi ci sono state le elezioni e improvvisamente tutto è cambiato. Ci siamo detti di aspettare un secondo, di prenderci un momento per pensare a questo disco e a come potrebbe essere connesso a ciò che sta succedendo nel mondo. Questo perché era già scritto per la maggior parte, avevamo cominciato a lavorare all’80% del disco prima del 2016, ma quasi tutto è stato scritto nei primi mesi del 2016 e adesso il mondo è molto diverso. Forse scriveremo un altro paio di canzoni. (…) Con l’elezione di Trump è come se un pendolo avesse cominciato improvvisamente a oscillare con forza in direzione opposta: stavamo pensando all’anniversario di The Joshua Tree e qualche altra cosa ha cominciato ad insinuarsi in noi come se si chiudesse un cerchio. Quel disco è stato scritto a metà degli anni ’80, nell’era di Reagan e Thatcher nella politica statunitense e britannica: un periodo molto agitato in cui la Thatcher cercava di sedare lo sciopero dei minatori e c’erano moltissime attività illegali nell’America Centrale. Oggi sembra di essere tornati a quel punto (…) come se queste canzoni avessero un nuovo significato, una nuova risonanza oggi che non avevano tre o quattro anni fa. Così abbiamo capito per caso che avevamo bisogno di fermarci un attimo a riflettere prima ancora di fare uscire l’album, proprio per essere sicuri di ciò che vogliamo dire: così abbiamo pensato di fare entrambe le cose, celebrare questo album che è davvero rinato in questo nuovo contesto e pensare alle nuove canzoni. (…) Non abbiamo mai celebrato il nostro passato perché siamo sempre stati un gruppo che guarda avanti, ma sentiamo che questo è un momento speciale e che questo è un disco davvero speciale. Per questo siamo felici di prenderci del tempo per riorganizzarci e pensare a un disco così vecchio ma che risulta comunque attuale.
The Edge ha anche confermato che la scaletta del nuovo tour sarà interamente dedicata a The Joshua Tree, composta da brani tratti quasi del tutto dalla tracklist di quel disco, alcuni dei quali ormai non vengono più suonati dalla band da diversi anni (Red Hill Mining Town, Exit e In God’s country, per fare qualche esempio), ma non solo.
Credo di sì, al momento stiamo lavorando su questo presupposto. Il concerto non dovrà necessariamente iniziare con la prima traccia del lato A Where the streets have no name, perché magari avremo il bisogno di costruire diversamente l’inizio dello show ma stiamo lavorando all’ordine delle canzoni, quindi sì suoneremo l’album in sequenza.
The Edge aggiunge però che ci saranno anche delle parti del nuovo show non dedicate all’album che dà il titolo al tour.
Ovviamente ogni volta che suoniamo dal vivo cerchiamo di stabilire un filo logico, un nucleo cinematografico a cui fare riferimento: in questa fase embrionale è difficile dire che cosa cercheremo di fare, ma devo dire che tutte le vecchie canzoni saranno prese in considerazione. Quello che finiremo per suonare sarà coerente con il tema centrale del tour: certamente gli show americani saranno incentrati sul mito dell’America di cui scrivevamo in The Joshua Tree.
E sul fronte scenografico?
Non vogliamo essere troppo sfarzosi, ma allo stesso tempo vogliamo riconoscere le idee estetiche che accompagnarono il tour. Ma cercheremo di aggiornare quelle idee in qualche modo, questo è il The Joshua Tree 2017 non è The Joshua Tree 1986. C’è un elemento di nostalgia che non possiamo evitare, ma non è motivato dal desiderio di guardare indietro: è come se con questo album si fosse chiuso il cerchio e fossimo di nuovo lì, come se l’album avesse di nuovo una rilevanza di cui siamo assolutamente consapevoli.
E non è detto che dopo The Joshua Tree 2017 la band non riprenda a girare il mondo con gli spettacoli del precedente tour Innocence and Experience, che passò anche dall’Italia con due date a Torino e la promessa di tornare a suonare nel nostro Paese.
Sembra che quel tour non sia ancora concluso e ci piacerebbe finirlo, immagino che potrebbe essere un tour con molti componenti di produzione simili, ma non amo guardare troppo avanti nel futuro: questa è la base di partenza in questo momento, ma le cose possono cambiare, nulla è scritto nella pietra. Mi piace l’idea che il tour e il progetto non siano completati, sono ancora vivi nelle nostre teste dal punto di vista creativo.