Quando si parla di Teatro con la T maiuscola, di esempi se ne possono fare innumerevoli. Nel caso de La stoffa dei sogni, ce ne sono 2, entrambi all’insegna dell’eccellenza: facilmente identificabile se si menzionano due personaggi illustri come Eduardo De Filippo e William Shakespeare. Due nomi apparentemente distanti nel tempo e nella loro geografia d’adozione, che invece si dimostrano facilmente rapportabili o, come in fondo fa questa pellicola, talvolta interscambiabili. La stoffa dei sogni è un film con una trama che scherza e specula alla maniera propria dei due giganti: un sottile dileggio con la vasta gamma degli stati d’animo propri dell’essere umano. Quell’ essere umano che spesso viene presentato come una sorta di paradosso, frutto di un contesto di apparente normalità e silente alienazione.
È il caso appunto del protagonista di questa storia, che si ritrova naufrago su di un isola, ancor prima che naufrago dei suoi principi. Lui è Oreste Campese, capo di una compagnia teatrale, che misteriosamente si ritrova in un carcere che è isola nell’isola: l’Asinara, in Sardegna, primo dopoguerra. Oreste suo malgrado in qualche modo diventa complice di una cricca di camorristi, all’interno del carcere stesso: dapprima quando il direttore gli consiglia di adattare il testo de “La tempesta” di William Shakespeare per una messa in scena organizzata dagli stessi galeotti, che sia più consona al loro linguaggio. Poi quando si ritrova, suo malgrado, a “coprire” alcuni degli stessi camorristi, che tentano di confondersi fra gli stessi attori teatranti. Nel frattempo a fare da contrasto a finzione e vita ai margini, c’è un amore che nasce quasi distratto, tra la figlia del direttore del carcere e uno dei camorristi.
Insomma, nel caso non si fosse capito, siamo su un lavoro a metà fra La tempesta (di cui lo stesso De Filippo ne adattò una versione napoletana) e l’arte della commedia dello stesso Eduardo. Un lavoro che per i botteghini di oggi è quasi un azzardo, una scommessa. Uno sbuffo spazientito che reclama con orgoglio la statura di due sommi. Così, giusto per ricordare che certi capisaldi, vanno ogni tanto rispolverati; che il teatro ha radici solide. È una pellicola che dichiara l’orgoglio del suo spessore, anche grazie a certi interpreti di calibro rinomato.
Gianfranco Cabiddu ha infatti diretto un cast che comprende Sergio Rubini, Ennio Fantastichini e Renato Carpentieri: un’operazione di un certo livello di difficoltà che ha rischiato, e non poco, di non vedere mai la luce. Altro che cinepanettoni ed effetti spettacolari. Qui di spettacolare c’è l’essenza stessa. Con la speranza che una buona parte della platea sappia riconoscerla, prima che coglierla. C’è un assaggio a seguire; il film è nelle sale a partire dal 1 dicembre
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