In Basilicata coast to coast (2010) quattro amici, i componenti del complesso “Le Pale Eoliche”, decidono di andare dal Tirreno allo Ionio a piedi, attraversando tutta la regione da Maratea fino a Scanzano Ionico, dove si svolgerà il festival del teatro canzone a cui devono partecipare.
Basilicata coast to coast è un affettuoso, ironico, orgoglioso ritratto che il regista e protagonista Rocco Papaleo regala alla sua terra natale. La quale grazie a questo film guadagna un posto nell’immaginario collettivo forse mai avuto prima, un nodo spinoso che viene esplicitato attraverso l’inquadratura iniziale d’un mappamondo in cui la Basilicata è uno spazio vuoto in mezzo ad altri sud che l’hanno fagocitata, quelli napoletano e siciliano soprattutto, sui quali si è sedimentata l’idea di Mezzogiorno che tutti conoscono.
Il quartetto intraprende il cammino in una sorta di scommessa con se stessi: c’è Nicola (Papaleo), professore di matematica che ha rifiutato di diventare preside, Salvatore (Paolo Briguglia), che per amore ha abbandonato gli studi di medicina, Franco (Max Gazzè), cui la pena d’amore ha tolto la parola e Rocco (Alessandro Gassmann, il più bravo), il mezzo divo televisivo senza una scrittura da anni. Sono in cammino un po’ alla ricerca di se stessi quindi, e un po’ della loro terra. E l’attraversano con lentezza meridiana, col ritmo d’una processione, come quella della Madonna del Sacro Monte di Viggiano, protettrice della Basilicata, a cui assiste Rocco quando, sotto il peso dei fallimenti, ha deciso di abbandonare il viaggio.
A riprendere l’impresa c’è una giornalista d’una piccola tv parrocchiale, Tropea (Giovanna Mezzogiorno), figlia ribelle d’un influente politico locale. Grazie alle sue registrazioni, finalmente, l’inesistente Basilicata acquisisce un’immagine e un’identità tangibile. E unendo idealmente con una linea i paesi visitati nel viaggio, come in una pista cifrata, si compone il disegno d’una carta geografica, che può occupare lo spazio vuoto sul mappamondo.
Ed è un mondo composito quello che si offre allo sguardo dei viaggiatori in Basilicata coast to coast: luoghi come Lauria e la Diga del Pertusillo; Craco che, ricorda Nicola, “è stata abbandonata in seguito a una frana accentuata dalla costruzione di una nuova rete fognaria: non ha retto la modernità. A me piace pensare che l’ha rifiutata”; o la Aliano del Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, il piemontese che all’esistenza della Basilicata credeva, e a cui il gruppetto dedica un commosso brindisi (e a Gian Maria Volonté, che interpretava lo scrittore nella versione cinematografica del libro, firmata da Francesco Rosi). Ma questa buffa, tenera armata Brancaleone incontra anche persone, in cui si specchia l’arcaicità di quelle terre (il vecchio senza tv perché la sera guarda la moglie), la modernità (la ragazza che fa l’amore con Rocco e Salvatore contemporaneamente), e anche le due cose insieme (la banda che vuole richiamarsi alla leggenda dei briganti lucani, ma usa gli slogan dei rivoluzionari cubani e va a cavallo con caschi da motociclista).
Basilicata coast to coast è un oggetto bizzarro, in parte irrisolto, con canzoni che s’incastrano male col montaggio elementare e la ricerca di troppi momenti esemplari. Ma è un film sincero, che sottrae la Basilicata a un modello di rappresentazione, pensiamo al Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini o a La passione di Cristo di Mel Gibson, che quella terra la vuole sì sacra, ma arida e fuori dalla storia. Invece Rocco Papaleo, giocando anche con il pittoresco (dal cibo al dialetto), racconta una terra in cui l’antico si mescola col contemporaneo (le pale eoliche, appunto) e la restituisce al nostro tempo. Realizzando oltretutto un’incredibile operazione di marketing territoriale, perfetto case history per film commission ed esperti di comunicazione desiderosi di usare la potenza del cinema ai fini della promozione turistica.