Il bilancio provvisorio dopo le due prime giornate di Venezia 2016 dice che il festival, ancora una volta, ha indovinato il titolo d’apertura. La La Land potrebbe seguire la recente tradizione della Mostra del Cinema che, negli ultimi tre anni, ha regalato tre vincitori alla notte degli Oscar, Gravity, Birdman e Spotlight. E col film di Damien Chazelle potrebbero diventare quattro. Ottimi i riscontri anche sul piano del glamour: dopo Emma Stone ieri è stata la volta della coppia più attesa (e fotografata) del Lido, Michael Fassbender e Alicia Vikander, col loro turgido melodramma The Light Between Oceans, accolto però prevedibilmente male dagli addetti ai lavori. Altre star oggi in concorso per il film dello stilista-regista Tom Ford, Nocturnal Animals, che vede protagonisti Jake Gyllenhaal e Amy Adams (già apprezzata ieri in Arrival di Denis Villenueve). Completamente diverso l’altro film in selezione, El Cristo ciego, del semiesordiente autore cileno Christopher Murray.
Nocturnal Animals, di Tom Ford
Che l’affermato stilista Tom Ford fosse un vero regista cinematografico lo si capì proprio al festival di Venezia, dove portò la sua apprezzata opera prima A Single Man (2009), che ottenne una meritata Coppa Volpi per l’interpretazione del protagonista Colin Firth. A sette anni di distanza Tom Ford raddoppia e presenta a Venezia 2016 il suo secondo film, Nocturnal Animals, con un cast importante – oltre ad Adams e Gyllenhaal ci sono Armie Hammer, Michael Shannon, Aaron Taylor-Johnson, Laura Linney -, un’anteprima mondiale al Lido e un’uscita nelle sale italiane prevista a novembre con Universal Pictures.
Dopo il raffinato racconto di un professore di letteratura omosessuale, Tom Ford si misura con un racconto che flirta coi generi, da lui stesso sceneggiato insieme a Austin Wright, autore del romanzo di partenza Tony & Susan (pubblicato in Italia da Adelphi). Nocturnal Animals ha le fattezze di un thriller, ma riserva molte sorprese. La protagonista Susan Adams è una gallerista d’arte di Los Angeles, insoddisfatta dalle continue assenze per lavoro del secondo marito medico (Armie Hammer). Un giorno le giunge un manoscritto recapitatole dal primo marito (Gyllenhaal), che lei aveva lasciato anni prima anche per le sue allora inconcludenti ambizioni letterarie. Adesso però il risultato dei suoi sforzi è tra le mani di Susan, ed è un thriller appassionante, dal titolo Nocturnal Animals: la storia di un professore (sempre Gyllenhaal) e di un viaggio con famiglia che si trasforma in un incubo.
Un incubo in cui Susan si immerge e immedesima, trovando sorprendenti e inattese corrispondenze con la sua vita che la spingono a riflettere sul proprio passato. Nocturnal Animals ha una struttura anomala e intrigante, fondata su due livelli e due modalità narrative, nel quale il thriller diventa il filtro e lo specchio attraverso il quale costruire lo studio psicologico di una donna in crisi. Ed è soprattutto in questa seconda storia che Tom Ford potrebbe trovare le corde che gli sono più proprie e sorprendere pubblico e critica per la seconda volta.
El Cristo ciego, di Christopher Murray
È una delle scommesse di Venezia 2016, la testimonianza di un concorso che non si spaventa di mescolare grandi film hollywoodiani, accreditati maestri e nuovi autori pressoché sconosciuti. Il trentenne regista cileno è praticamente un esordiente, dopo Manuel Ribera (2010), codiretto con Pablo Carrera e il più recente Propaganda (2014), un documentario sulla campagna presidenziale cilena del 2013.
El Cristo ciego è la storia di Michael, che vive in un remoto villaggio cileno e sostiene di aver avuto una rivelazione divina da bambino. Fino a oggi passava le giornate sopportando lo scetticismo dei compaesani e prendendosi cura del padre alcolizzato, ma le notizie relative al suo unico amico d’infanzia lo portano ad intraprendere un pellegrinaggio per svolgere il suo primo miracolo, abbandonandosi alle spalle la sua vita precedente e incontrando durante il suo viaggio persone che cominciano a confidare nei suoi poteri taumaturgici.
Il direttore Alberto Barbera ha presentato El Cristo ciego definendolo “un’opera di ispirazione pasoliniana”. “Sono diventato regista – dichiara Christopher Murray – “perché cercavo uno strumento che mi consentisse di parlare dei conflitti che si manifestano all’interno di un ambiente sociale”. E così il racconto di uomini e paesi e del loro bisogno di fede diventa la cartina di tornasole attraverso cui tratteggiare il disegno di una comunità, con le sue arretratezze, violenze, speranze. “Il nord del Cile – continua Murray – è una terra piena di sincretismo religioso, ma anche un luogo caratterizzato da una realtà sociale crudele. Questa commistione è alla base di storie potenti, e credo che El Cristo ciego sia una di queste”.
Gli altri protagonisti: Liev Schreiber, Rocky e gli zombi
Oggi fuori concorso c’è The Bleeder di Philippe Falardeau, con Liev Schreiber e Naomi Watts, compagni anche nella vita. Schreiber, che a Venezia riceverà anche il Persol Tribute to Visionary Talent Award 2016 – incassando gli apprezzamenti del direttore Barbera, “Ho un’ammirazione sconfinata per lui, ogni volta che compare in scena si ha l’impressione che il film si alzi di tono” – è anche il coproduttore della pellicola. Che è la biografia del vero pugile Chuck Wepner, passato alla storia come l’uomo che ispirò il personaggio di Rocky Balboa a Sylvester Stallone. Wepner è stato un pugile mediocre ma battagliero, noto soprattutto per le doti di grande incassatore. Da qui l’intuizione di Don King, che organizzò nel 1975 un incontro, in palio il titolo mondiale dei massimi, nientemeno che con Muhammad Alì. E contro tutti i pronostici il semisconosciuto Wepner, seppur sconfitto per ko tecnico, riuscì a restare in piedi per 15 riprese, mandando anche un po’ casualmente al tappeto il campione. E proprio assistendo al match e alla straordinaria forza di volontà di Wepner, Stallone – che in The Bleeder è interpretato da Morgan Spector – trasse l’ispirazione per scrivere la storia del suo fortunato alter ego Rocky Balboa. “Wepner mi ha detto che perdere contro Alì – ha dichiarato al Corriere della Sera Schreiber – è stato il giorno più bello della sua vita. Ma quella che raccontiamo è una storia di redenzione, la storia di un uomo con un passato violento ma tanta dolcezza e umanità dentro di sé”.
Nella sezione Venezia Classici c’è un appuntamento imperdibile per i veri cinefili: la proiezione della copia restaurata di un cult del cinema horror, Zombi (Dawn of the Dead, 1978) di George A. Romero, rimasterizzata in 4K da Koch media in collaborazione con Norton Trust e Antonello Cuomo. La proiezione, come si addice a un horror, è prevista a mezzanotte. E ad accompagnare il film sarà un duo d’eccezione, i registi Dario Argento e Nicolas Winding Refn, grandi estimatori del film e del suo autore. La versione restaurata di Zombi, secondo capitolo della quadrilogia sui morti viventi di Romero, è quella europea, che fu montata e curata dal co-produttore Argento, che commissionò le musiche ai Goblin.
Dario Argento ricorda le difficoltà incontrate nel proporre il film in Italia: “La Titanus, il distributore dell’epoca, lo vedeva come un film molto strano, pensava che sarebbe andato male. Io dissi: «Vabbé, facciamo la prima a Torino che è una città che amo, perché ci ho fatto Profondo rosso; se va male lì, lo leviamo di mezzo». Era un venerdì pomeriggio e sono andato al cinema abbastanza terrorizzato; ma ricordo che venendo dall’albergo vedevo un sacco di gente e pensavo: allora la cosa non va male! In Italia ebbe un sacco di disavventure – continua Dario Argento – in censura mi fecero tagliare un sacco di scene e allora lo ritirai. Quello che mi chiedevano di eliminare era troppo; pensai, addirittura, che il montaggio sarebbe stato poco comprensibile e allora feci dei piccoli tagli, dei piccoli raffazzonamenti. Quando il film finalmente uscì ottenne un divieto ai minori di diciotto anni che, per me, era abbastanza grave, perché lo avevamo fatto pensando a un pubblico di ragazzi… Ho un ricordo meraviglioso di Zombi che è stato così importante per la mia carriera e per quella di George”.
Aggiunge poi Nicolas Winding Refn: “Ho sempre considerato Dawn of the Dead, ovvero Zombi, un chiaro esempio di grande cinema, allo stesso tempo innovativo e oltraggioso. È il più estremo e affascinante affresco sul consumismo americano mai portato sullo schermo e non esiste nient’altro di simile. Lo considero un grande onore presentare il restauro in 4K di questo capolavoro nell’edizione 2016 del Festival di Venezia, un luogo a me sempre molto caro”.