Ma cosa significa webete? Il termine è nuovo di zecca, un vero e proprio neologismo creato dal noto giornalista Enrico Mentana. Una vicenda social delle ultime ore porta alla ribalta una parola che a cui molti non avrebbero mai pensato ma che il conduttore e direttore del TG La7 ha coniato, purtroppo, a seguito della tragedia del terremoto che ha colpito il centro Italia lo scorso 24 agosto.
In realtà “webete” è stato utilizzato per definire il Sig. Claudio Bettoni (diventato noto in queste ore, suo malgrado) ma il riferimento evidente è ad una determinata classe di persone che, a seguito dei tragici fatti della scorsa settimana, si sono distinti per la loro opinione molto netta. Il retroscena è quello della disinformazione e delle bufale post terremoto: mi riferisco alla presunta presenza di immigrati in alberghi a 5 stelle (tra l’altro decisi a non schiodarsi) di contro a sfollati costretti a vivere in tendopoli (come potrebbe essere altrimenti con la necessità di molti di restare vicino ai luoghi interessati dal disastro e non a chilometri di distanza). Ebbene, proprio a questa categoria di utenti social, Mentana rivolge l’accusa di webeti.
Webete dunque significa “ebete del web”, del social più propriamente come dimostra la casistica di queste ore. In effetti si tratta di un ottuso di mente che si erge ad opinionista per argomenti di cui conosce ben poco o di cui ha una visione distorta e comunque non riconducibile alla situazione reale. Quello che Mentana ha portato alla ribalta, in effetti, non è altro che un problema dei nostri tempi sollevato già nel 2015 dal compianto Umberto Eco. Il linguista aveva sottolineato il proliferarsi di “imbecilli” che prima parlavano solo al bar (non creando problemi e che al contrario, oggi, hanno la rete come megafano amplificatore dei loro pensieri. Gli imbecilli di Eco, insomma, non sono altro che i webeti di Mentana e ci scommetto che in molti premeranno per l’inserimento del termine nel dizionario italiano. L’accademia della crusca è avvertita.