«Il mio eroe è Rocky. È la storia dell’uomo comune alle prese con una cosa straordinaria. Un po’ come Coriandro che sogna una vita avventurosa e suo malgrado si trova in cose più grandi di lui». Si racconta così Giampaolo Morelli al Giffoni Film Festival nel corso della Masterclass con i ragazzi della giuria. L’attore e sceneggiatore ha ripercorso la sua carriera raccontando i momenti cardine stimolato dalle domande dei ragazzi e di Gianmaria Tammaro. «Ho iniziato nelle birrerie e nei pub e non era facile prendere l’attenzione del pubblico che si vedeva questo sconosciuto con la parrucca che faceva lo spettacolo. Però è stata una grande gavetta. Poi ho iniziato a fare delle cose a teatro che scrivevo io e poi sono arrivato a Telegaribardi ed è stata una fortuna perché da lì con il cabaret iniziò ad andare bene. Però ero insoddisfatto volevo fare l’attore e ho smesso e mi sono trasferito a Roma».
Anni di gavetta fino alla prima grande occasione con Vanzina. «È stata una bella esperienza lavorare in South Kensington con Rupert Everett. Ero a Roma da due anni e non andava molto bene. Fino a che Vanzina non mi diede questa grande opportunità di lavorare a Londra e quindi potete immaginare». Il personaggio che sicuramente ha portato all’attenzione del grande pubblico l’attore napoletano è stato l’ispettore Coliandro per la serie andata in onda su Rai 2. Un personaggio nato dopo un grosso lavoro di gestazione. «Per l’ispettore Coliandro ho letto i romanzi e poi abbiamo fatto un lavoro di costruzione insieme ai Manetti. È stata una strada lunga e tortuosa. Prima una puntata pilota e poi altre tre puntate. Lo mandarono in onda a ferragosto e nonostante questo fece ottimi ascolti. Poi ci ha messo tempo ad arrivare alle persone perché era innovativo e sperimentava un nuovo linguaggio. La polizia non lo prese bene in un primo momento ma poi i poliziotti veri del sindacato ci hanno premiato. La forza di Coliandro sta nel fatto che è molto umano».
Da quel momento è partita la collaborazione con i Manetti brothers con i quali ha girato anche “Song e’ Napoli”, molto amato dai ragazzi presenti. «L’idea mi è venuta perché credo che Napoli sia l’unica città al mondo dove si mischia un certo tipo di borghesia alla parte popolare e convivono al centro della città. Da qui il personaggio del neomelodico che deve confrontarsi con un poliziotto borghese infiltrato. I video dei neomelodici mi hanno sempre affascinato, erano geniali, assurdi ma geniali – fino ad arrivare ad una vera e propria dichiarazione d’amore per i Manetti – A loro devo tanto ma soprattutto il piacere di lavorare insieme. Ci capiamo su tante cose ma soprattutto su quella che è per noi l’idea di cinema, di set e di lavoro quotidiano e ci ascoltiamo reciprocamente».
Nel futuro di Morelli c’è adesso un altro regista talentuoso, Sidney Sibilia, i prossimi due episodi di “Smetto quando voglio”. «È un altro film a suo modo geniale. In Italia se hai la laurea devi adattarti a fare lavori che nessuno farebbe mai. Io sono un cervello in fuga. Sono un ingegnere meccanico che costruisce armi per fare colpi di stato. Ci sarò sia nel secondo che nel terzo film». Fino ad arrivare al progetto a cui tiene maggiormente: il prossimo film dei Manetti che non ha ancora titolo. «È un progetto folle e cioè di fare una sceneggiata moderna e rivisitata con dei personaggi diversi da quelli di Gomorra che sono più vicini alla realtà. È talmente tutto così folle che si deve vedere. Per esempio il mio personaggio è un killer di camorra ma noi andiamo incontro a qualcosa che non esiste. Nella sceneggiata c’è sempre un po’ di favola e noi la inseriremo ma in chiave contemporanea». Una camorra che fa ridere con l’intento di strappare soprattutto un sorriso a chiunque lo vedrà.