Ormai le stragi non ci fanno più effetto. I dieci morti di Monaco sono già quasi stati dimenticati. Il terrore quando diventa un rito quotidiano non fa più terrore. Quasi non fa notizia. Ma di certo può creare un pericoloso effetto emulativo. La ricostruzione ufficiale dell’attentato di Monaco esclude legami con la guerra santa scatenata in Europa dall’ISIS. L’assassino è un 18enne tedesco-iraniano che uccidendo nove persone, molte delle quali minorenni, ha diabolicamente voluto vendicarsi di alcuni episodi di bullismo subito nel quartiere popolare di Monaco dove egli viveva.
Non si è ispirato all’islam radicale, l’assassino di Monaco ma piuttosto al norvegese Breivik che nel 2011 uccise decine di persone tra Oslo e l’isola di Utoya. La mia proposta allora è di oscurare il terrore affinché il perverso esempio dei killer seriali o degli attentatori non ispiri, né dia coraggio ad altri sconsiderati folli o terroristi che siano e che sparino per odio religioso, sociale, sessuale, etnico.
E’ un metodo, oscurare le notizie su attentati ed uccisioni, già usata da decenni in Israele il paese al mondo che convive con una genetica violenza quotidiana. Ma anche gli inglesi si sono comportati in questo modo quando sono finiti sotto attacco. Basta dunque con le dirette tv, basta con dettagli raccapriccianti sui social, basta con reportage pieni di particolari bellici. Dopo Monaco, oscuriamo il terrore. Non facciamolo entrare nelle nostre case e nelle nostre vite attraverso i media ed i social.
Non si tratta di volgere lo sguardo altrove o di nascondere la testa sotto la sabbia. Il terrore esiste tra gli stati, tra i gruppi sociali, in ogni persona lacerata dalla dicotomia tra l’essere ed il possedere, l’apparire ed il vivere. Ormai siamo già abbastanza “mitridizzati” ( Re Miada temendo attentati ingeriva piccole dosi quotidiane di veleno per scongiurare avvelenamenti) ma spegnere le luci ed evitare propaganda può diventare un’utile strategia preventiva e pedagogica. E’ una tecnica estrema, che si adotta in tempi di guerra. Ma noi in guerra siamo ormai da tempo