L’applauso dei ragazzi del Giffoni Film Festival per Matteo Garrone è lunghissimo. E il regista romano ricambia con una grande disponibilità al dialogo, in una masterclass arricchita da materiali di backstage de Il racconto dei racconti che il regista ha appositamente scelto per mostrare ai giovani il dietro le quinte del set.
Poi comincia subito il fuoco di fila di domande e curiosità: “Il racconto dei racconti è il mio film più strutturato – esordisce Matto Garrone – Di solito lavoro con maggiore libertà e propensione all’improvvisazione, perché per me la sceneggiatura non è un dogma ma un progetto che va verificato. Nel caso del Racconto però le dimensioni della troupe, le sequenze con gli effetti speciali, che vanno girate con grande precisione, anche l’uso della lingua inglese mi hanno imposto una maggiore fedeltà al testo di partenza”.
Matteo Garrone entra nel dietro le quinte del suo metodo di lavorazione, con considerazioni preziose. “A me piace girare in sequenza, rispettando l’ordine cronologico delle scene, dalla prima all’ultima. Lo faccio perché voglio che l’attore viva la progressione del personaggio, scoprendone e definendone giorno dopo giorno le emozioni. Ma per Il racconto dei racconti non è stato possibile, per banali ragioni produttive: gli attori stranieri che hanno lavorato al film ovviamente costano molto, sono stato costretto a raggruppare le scene in cui comparivano perché non potevo permettermi di tenerli sul set per giorni senza farli recitare”.
“Metto sempre da parte una porzione del budget – continua Matteo Garrone – nella previsione di tornare a girare una volta giunto in fase di montaggio. Ho fatto otto film e mi è sempre successo. Ogni volta mentre giro mi illudo che non ce ne sarà bisogno. Poi al montaggio, una volta finita la luna di miele col film, c’è sempre qualcosa che non mi convince. Mi metto a lavorare con gli sceneggiatori e correggo. Per L’imbalsamatore, per esempio, tornai sul set con una piccola troupe e in poco più di una settimana girai 40 minuti di film. Sapere di poter tornare a girare mi dà un senso di leggerezza”.
D’altro canto, però, il cinema di Matteo Garrone ha sempre una percentuale di rischio. “Con Il racconto dei racconti ho volontariamente sperimentato qualcosa che per me era nuovo, per la necessità di mettermi in discussione. Avevo bisogno di capire se certe cose del mio modo di fare cinema fossero essenziali o meno. E potevo scoprirlo solo uscendo fuori dalla mia zona di sicurezza. Bisogna sempre, lo dico soprattutto a voi ragazzi che avete l’aspirazione di fare del cinema, sempre prendersi dei rischi e cercare una voce autentica, vera, non omologata, che vi rispecchi davvero”.
Altro elemento caratteristico di Matteo Garrone è la qualità visiva delle sue pellicole: “Ho un approccio visivo, in virtù della mia formazione da pittore. Ma non si deve mai essere estetizzanti – è l’avvertimento dato dal regista –, le immagini devono sempre essere funzionali al racconto. Bisogna essere al servizio dell’opera, mai cercare soluzioni solo per il gusto di sentirsi bravi. Evitate sempre il narcisismo”.
Il racconto dei racconti è stata una grande produzione, con un cast di stelle e girato direttamente in inglese. “Ho fatto questa scelta – prosegue Matteo Garrone – perché pensavo che l’inglese avrebbe dato più opportunità al film sul piano della distribuzione internazionale, ma onestamente è un’esperienza che non ripeterei. L’elemento più importante in un film è l’originalità, non l’inglese”.
E infatti, sarà in italiano il prossimo film di Matteo Garrone, Pinocchio. Il progetto è stato appena annunciato ed è ancora top secret. Ma qualche anticipazione il regista la fa ai microfoni di OM: “Avevo voglia di misurarmi con una storia fantastica, la storia di fiabe per eccellenza della tradizione italiana. La sfida di Pinocchio, così pericolosa, nasce dal fatto che sento di poter raccontare qualcosa che non è ancora stato raccontato – continua Matteo Garrone – e di poter far tesoro della lezione che ho imparato facendo Il racconto dei racconti, cambiando alcuni dettagli. Per esempio, la questione della lingua: questo sarà un film in italiano con attori italiani, perché mi sono convinto che l’internazionalità del film la dà l’originalità dello sguardo e non la lingua. Si può pensare che l’uso dell’inglese dia dei vantaggi in rapporto al mercato, ma in realtà non è così. Quello che conta è la capacità di raccontare una storia in un modo che il pubblico non si aspetta”.