Claudio Cupellini incontra i giovani del Giffoni Film Festival, colpiti al cuore da uno dei più bei melodrammi degli ultimi anni, Alaska, protagonista Elio Germano. Uno di quei film dei quali di solito si dice che “non sembra un film italiano”, per come costruisce un racconto che non dà fiato, con personaggi che rischiano persino di sembrare a tratti inverosimili nella forza estrema dei loro sentimenti. Ma questa è una scelta volontaria, come spiega Claudio Cupellini: “Alaska è una storia di colpa e redenzione e volevo che fosse raccontata così, senza pause. Volevo davvero che il film lasciasse lo spettatore senza respiro. Infatti è un film tutto di scene madri, sempre intenso”.
Alaska è la storia d’amore di due individui soli, il cameriere italiano Fausto (Elio Germano) e la modella francese Nadine (Astrid Bergès Frisbey), “vittime” di un colpo di fulmine che li sballotta tra Francia e Italia, con tanti rovesci di fortuna – come capita sempre nel melodramma – ma con un sentimento che non viene mai meno. Una storia estrema, appunto, come Claudio Cupellini rivendica con i ragazzi del Giffoni Film Festival: “Questa storia è un atto di fede, reputa sia possibile trovare qualcuno che conta davvero nella vita, anche se si condividono pochissime cose. Ho voluto rischiare – continua Cupellini – preoccupandomi poco anche della logica, perché voglio credere che certe cose esistano. Ho cercato di fare un film come fosse un romanzo dell’Ottocento”.
Insieme a Fausto e Nadine c’è un terzo protagonista, il capitale: “Ho voluto inserire in maniera programmatica la questione del denaro – puntualizza Claudio Cupellini –, che è centrale in ogni scena e per ogni personaggio, a partire dalle ambizioni di riscatto sociale di Fausto. Questo per me è il simbolo dell’ostilità del mondo di oggi, in cui non hanno importanza i sentimenti, e il valore è legato solo a quanto guadagni. Anche per questo Alaska è una storia d’amore, nella quale ho voluto tirare fuori tutta la forza sentimentale possibile.
I personaggi di Alaska subiscono molti rovesci di fortuna e sono pieni di imperfezioni: “Li ho voluti così – spiega Claudio Cupellini – per rispecchiare la complessità della vita, perché in realtà le persone sbagliano e quello che importa è saper andare oltre. I personaggi che mi piacciono di più sono fragili e commettono errori. Come il “tradimento” di Fausto ai danni di Sandro, un’altra figura molto importante nella storia, che poi farà una brutta fine. È la ragione anche per cui ho scelto quel nome per il personaggio di Elio Germano che, appunto come il Faust, è uno che si è venduto l’anima. Ma nei romanzi di formazione si cresce commettendo sbagli e così ho voluto fare io. Alla fine Fausto capisce: e l’uomo che pare un opportunista si sacrifica e sceglie di perdere tutto per l’amore che prova per Nadine”.
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“Per il mio temperamento – continua Claudio Cupellini – Alaska è un film ottimistico, una commedia alla Frank Capra. Ed è un film sincero. C’è un ultimo elemento che rivendico – conclude Claudio Cupellini – quello di aver scritto un personaggio femminile moderno, che si assume le sue responsabilità e non vive in funzione di un uomo”. Anche per questo molti direbbero che Alaska non sembra un film italiano.