Partire per un viaggio senza conoscerne la meta è ciò che forse più affascina chiunque senta il bisogno di scoprire qualcosa di nuovo. Scoprire qualcosa che poi non sia per forza di cose riconducibile agli spazi fisici o materiali. D’altronde è facilmente abusabile in questi casi l’equazione che vuole la conoscenza della propria personalità, del proprio modo di essere, sorta di esperienza simile a quella di un percorso intrapreso al pari di uno spostamento territoriale. Toxic jungle ci indica qualcosa di simile, condito da quanto rapportabile alla psichedelia tipica degli anni 70 e dintorni, cultura e forma mentis spesso sinonimi di viaggi extracorporei con ausilio di sostanze psicotrope.
La storia ruota intorno agli “Hermanos Santoro”, rock band argentina in piena crescita negli anni 70: c’è in quegli anni fermento e i fratelli Diamond e Nicky crescono in fretta, avidi di musica in fm. 40 anni dopo Diamond cerca in un modo o nell’altro di fare i conti col suo passato in sospensione e si lascia nuovamente sedurre dal richiamo della magica Ayahuasca, bevanda allucinogena utilizzata durante i riti sciamanici nella Foresta Amazzonica. Diamond in fondo persegue questo obiettivo per fare i conti con la morte di suo fratello e poter magari affrontare nuovamente la sua passione con la musica.
Erano insomma gli anni in cui i Doors si dichiaravano profeti di quanto affermato da William Blake, per tramite del suo cantore Aldous Huxley, dichiarando che “ Se le porte della percezione fossero spalancate, ogni cosa apparirebbe all’uomo come realmente è, infinita”. Mica poco. Ciò che accadde poi prima, durante e dopo è un’altra storia. Anzi, sono tante altre storie.
La regia di Toxic jungle è affidata a Gianfranco Quattrini, che ha lavorato su uno script curato da Leonel D’Agostino e Lucía Puenzo. Il contributo del MiBACT, coadiuva l’ Istituto Luce Cinecittà nella distribuzione del film nelle nostre sale, a cominciare dal 7 luglio 2016. C’è il trailer.
Trailer: