Fra i tanti aggettivi utili a descrivere un amore, è possibile usare anche “innocente”? Stando al parere di molti e anche a quanto raccontato da questa storia parrebbe, di si. Di sicuro, però, c’è che l’amore talvolta è anche un’ossessione. Piacevole, o meno, dipende. Questi sono una parte dei ragionamenti che potrebbero accompagnare la visione di Istanbul e il Museo dell’Innocenza di Pamuk, docufilm dalla genesi piuttosto originale, perché piuttosto originale è la storia che lo ha ispirato. È una storia del celebre romanziere Premio Nobel per la Letteratura Orhan Pamuk. Pamuk ha reso tangibile le pene d’amore di Kemal, protagonista del romanzo Il museo dell’innocenza: un ragazzo innamorato perso della giovane Füsun.
Kemal è un trentenne rampollo di una famiglia altolocata di Istanbul che, dopo aver preso coscienza dell’impossibilità di veder corrisposto il suo amore, decide di dedicare gran parte della sua vita alla raccolta di oggetti utili a ricordare la sua dolce ossessione; oggetti che agli occhi di uno sconosciuto potrebbero apparire banali o insignificanti: un orecchino, un piccolo giocattolo, qualche mozzicone di sigaretta (4213 per la precisione…). Sono in realtà oggetti carichi di ricordi e, a posteriori, di sofferenza. Di questa sofferenza di Kemal, Pamuk ne ha fatto prima un bellissimo romanzo di successo e poi lo ha tramutato in un reale e visitatissimo museo. Un museo che molti definiscono dell’immaginazione, ma che comunque conserva palpabili i segni di un amore che, in un modo che si trasmuta dal surreale al concreto e viceversa, risulta estremamente veritiero e concreto nella sua affascinante ricostruzione.
È un museo dell’innocenza che in fondo ha le sembianze di una “segreta” e recondita aspirazione per molti di noi; forse per gran parte degli esseri umani, sicuramente di quelli che almeno una volta nella vita si sono ritrovati a soffrire per amore facendo i conti con sensazioni sconosciute, pericolose e indecifrabili. Probabilmente è questo il merito più grande di ciò che ha fatto Pamuk: ha costruito e reso fruibile una sorta di santuario di ciò che a molti è parso un labirinto della sofferenza, un percorso fatto di presunte allucinazioni, ansie, paranoie e speranze. Non è facile dare corpo e materia a paure e sospiri che magari pensiamo abitino solo le nostri notti insonne.
Il regista Grant Gee invece ha reso testimonianza di questo progetto, firmando un film documentario, delicato, incisivo, maniacale. Proprio come l’amore del protagonista per il suo dolce tormento. Proprio come l’umana natura ha spesso disegnato nel trascorso di molti di noi, avvicinandoci alla comprensione di certi meccanismi di cui possiamo solo riconoscerne l’origine, l’eventuale evoluzione e la probabile fine, senza riuscire però a comprenderne le motivazioni. In fondo, perché un amore riesca a diventare fondamentalmente un motivo di esistenza e di sopravvivenza, non è facile capirlo e il Museo dell’Innocenza di Pamuk ce lo ricorda: possiamo solo prenderne atto, con la consapevolezza delle nostre debolezze.
Istanbul e il Museo dell’Innocenza di Pamuk sarà proiettato in alcune sale cinematografiche solo il 7 e l’8 giugno. C’è la possibilità di visionare il trailer a seguire, se volete
Trailer: