Ribaltate tutte le previsioni: la Palma d’oro di Cannes 2016 è andata a Ken Loach per I, Daniel Blake. La giuria presieduta da George Miller – “abbiamo lavorato con passione e senza paura” , ha detto il regista australiano – ha scelto il battagliero regista britannico, premiando un cinema d’autore meno estetizzante, politico e diretto. E diretto è stato Loach – alla seconda Palma d’oro dopo Il vento che accarezza l’erba – nel suo discorso: è partito ringraziando i lavoratori del festival, “perché è solo grazie a voi se è così bello”, ha puntato il dito contro il “neoliberismo che ci conduce verso la catastrofe”, ha ricordato l’importanza del cinema battagliero e di protesta e ha terminato dicendo che “un altro mondo è possibile e necessario”. Un autore Loach che può piacere o meno, ma del quale non si può negare la coerenza delle posizioni, ricapitolate da un film su un uomo posto di fronte all’odissea d’una spersonalizzante burocrazia 2.0.
Sulla carta doveva essere il festival delle donne, con la favoritissima, secondo i critici, Maren Ade, con Toni Erdmann, che invece è rimasto all’asciutto. Premi per le registe ci sono state: quello di apertura, la Caméra d’or, il riconoscimento al miglior film d’esordio tra tutte le categorie di concorso, andato a Divines dell’emozionatissima Houda Benya, che ha tenuto un lunghissimo e un po’ sopra le righe discorso di ringraziamento; e poi il Premio della Giuria ad Andrea Arnold, per American Honey.
La giuria ha forse cercato anche di mantenere un certo equilibrio tra cinematografie e nazioni: così si spiega l’ex-aequo per il Premio per la regia, andato al rumeno Cristian Mungiu per Bacalaureat e a Olivier Assayas per Personal Shopper, un film quest’ultimo accolto in proiezione da non pochi mugugni – ma evidentemente non si poteva dimenticare del tutto la Francia dal Palmarés.
Canadese ma praticamente francese d’adozione è anche Xavier Dolan, a cui quest’anno è stato assegnato il secondo riconoscimento più importante, il Gran premio: e lui, davvero commosso, ha ringraziato la giuria “per aver percepito l’emozione del mio film”, e ha chiuso citando Anatole France, “preferisco la follia delle passioni alla saggezza dell’indifferenza”.
Sorprese anche per i premi agli attori: bene o male era nel novero dei papabili Shahab Hosseini, il protagonista di Forushande (The Salesman) di Asgahr Farhadi. Del tutto inattesa invece Jaclyn Jose, protagonista di un altro film eminentemente politico, il filippino Ma’ Rosa, di Brillante Mendoza.
Emozionante anche il momento in cui Laurent Lafitte, maestro di cerimonie della serata, ha annunciato il premio speciale, la Palma d’oro onoraria a una leggenda del cinema francese, Jean-Pierre Léaud. Un artista che è “follia e precisione, maschile e femminile”, ha detto il giurato Arnauld Desplechin nel presentarlo. E Léaud ha esordito dicendo “Io sono nato a Cannes nel 1959”, ovviamente con i 400 colpi di Truffaut e il personaggio di Antoine Doinel. L’attore ha ricordato anche i tanti maestri con cui ha lavorato, da Rivette a Jean Eustache a Pasolini, e per un attimo, tra citazioni di Cahiers du Cinéma, Bazin e Cocteau a Cannes si è aperto un buco spaziotemporale commovente e molto cinefilo.
Non poteva essere che così dato che, come ha detto lo stesso Ken Loach, “questo festival è molto importante per il futuro del cinema”. Ed ecco tutti i premi della serata.
Palma d’oro
I, Daniel Blake di Ken Loach
Gran Premio
Xavier Dolan, Juste la fin du monde
Premio della Giuria
Andrea Arnold, American Honey
Premio per la regia
Ex-aequo a Cristian Mungiu per Bacalaureat e Olivier Assayas per Personal Shopper
Miglior attore
Shahab Hosseini, Forushande (The Salesman)
Miglior attrice
Jaclyn Jose, Ma’ Rosa
Premio per la sceneggiatura
Asgahr Farhadi, Forushande (The Salesman)
Caméra d’or
Houda Benyamina, Divines
Palma d’oro onoraria
Jean-Pierre Léaud