Il miglior film dei sessantesimi David di Donatello è Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese. Ma il vero trionfatore è stato Lo chiamavano Jeeg Robot, con ben sette statuette, tra le quali tutte e quattro quelle per gli attori – Claudio Santamaria, Ilenia Pastorelli, i non protagonisti Luca Marinelli, attesissimo e Antonia Truppo, una sorpresa – e anche quella per miglior regista esordiente a Gabriele Mainetti. Sette statuette, raccolte soprattutto nelle categorie tecniche, sono andate a Il racconto dei racconti di Matteo Garrone, anche miglior regista, per il film che ha certamente rappresentato la più grande sfida produttiva dell’annata del cinema italiano.
Tante le cose da dire su questi David di Donatello 2016: a cominciare dal fatto che si è certamente, e positivamente, sentita la produzione di Sky, che ha sostituito la sonnacchiosa e troppo istituzionale gestione Rai con uno stile più accattivante e veloce, dal red carpet di Francesco Castelnuovo alla conduzione della serata del rodato Alessandro Cattelan, brillante e garbato; fino alle incursioni video satiriche dei The Jackal – molto divertente quella d’apertura con i cameo di Francesco Pannofino, Michele Placido, un Claudio Santamaria ancora dentro Jeeg Robot e soprattutto un autoironico Paolo Sorrentino.
Che immagine di cinema italiano esce da questi David di Donatello 2016 ? Quella di una realtà, forse, finalmente in movimento. Già dalle nomination si era capita la volontà di trovare un equilibrio tra film di genere – le 16 nomination a Lo chiamavano Jeeg Robot – e cinema d’autore – le 14 nomination a Youth di Paolo Sorrentino e le 12 a Il racconto dei racconti di Matteo Garrone -, senza dimenticare la più classica commedia italiana, nella versione aggiornata dei Perfetti sconosciuti di Genovese; lasciando uno spazio anche a un cinema meno classificabile, testimoniato dalle 16 candidature a Non essere cattivo del compianto Claudio Caligari – difficilmente ascrivibile a un genere, nella sua commistione tra Pasolini e Scorsese – e dalla presenza, nella cinquina del miglior film, del documentario vincitore al festival di Berlino, Fuocoammare di Gianfranco Rosi.
Rispetto a questi presupposti, possiamo dire che il David di Donatello 2016 ha scelto una via abbastanza ecumenica, ma non del tutto scontata. Perché si, ha tralasciato i candidati più eterodossi, Caligari e Rosi. Ma ha premiato un film come Lo chiamavano Jeeg Robot, che col genere supereroistico gioca con intelligenza, utilizzandolo, almeno parzialmente, per parlar d’altro. Un film che indica una direzione al giovane cinema italiano, nel quale forse c’è finalmente una nuova generazione di registi in grado di misurarsi senza complessi e con una chiave autonoma con i generi, fondamentali per la popolarità del cinema – insieme a Mainetti, pensiamo anche al recentissimo Veloce come il vento di Matteo Rovere o l’interessante melò Alaska di Claudio Cupellini, che qualche nomination l’aveva raccolta.
In questo senso le parole più efficaci sono state quelle dell’altro protagonista della serata, Matteo Garrone, che nel discorso di ringraziamento per il premio alla regia ha sottolineato la qualità dei film in concorso quest’anno, “che affrontano generi diversi e che per ognuno di essi sono riusciti a trovare un pubblico”. Quello della distanza tra film italiani chiusi in se stessi e un pubblico che li rifiuta è uno dei problemi annosi che affliggono il nostro cinema. Che film di genere o film d’autore quali quelli di Garrone e Sorrentino – eredi di quello che Vittorio Spinazzola negli anni Sessanta definì “superspettacolo d’autore” – riescano a ritrovare il contatto con gli spettatori è certo una notizia confortante e un’indicazione importante per il futuro.
Significativo quindi il premio come miglior film a Perfetti sconosciuti, che la connessione col pubblico l’ha certificata con il successo di cassetta, ben 16 milioni di euro d’incasso, dietro solo al siderale, ma dimenticatissimo ai David di Donatello 2016, Quo vado? di Checco Zalone. Del regista del film Paolo Genovese va anche ricordato il discorso di ringraziamento per l’altro premio che gli è stato assegnato, quello per la sceneggiatura. Genovese ha voluto dedicare la vittoria alla verità: questo perché, come tanti nella serata dei David, ha indossato il braccialetto giallo simbolo dell’iniziativa legata all’account twitter @giuliosiamonoi, che chiede la verità sul tragico caso di Giulio Regeni.
Questa è la lista completa dei premi.
Miglior film
Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese
Miglior regista
Matteo Garrone, Il racconto dei racconti
Miglior regista esordiente
Gabriele Mainetti, Lo chiamavano Jeeg Robot
Migliore attore protagonista
Claudio Santamaria, Lo chiamavano Jeeg Robot
Migliore attrice protagonista
Ilenia Pastorelli, Lo chiamavano Jeeg Robot
Miglior attore non protagonista
Luca Marinelli, Lo chiamavano Jeeg Robot
Miglior attrice non protagonista
Antonia Truppo, Lo chiamavano Jeeg Robot
Miglior produttore
Gabriele Mainetti, Lo chiamavano Jeeg Robot
Migliore sceneggiatura
Filippo Bologna, Paolo Costella, Paolo Genovese, Paola Mammini, Rolando Ravello, Perfetti sconosciuti
Miglior montaggio
Andrea Maguolo, Federico Conforti, Lo chiamavano Jeeg Robot
Migliore autore della fotografia
Peter Suschitzky, Il racconto dei racconti
Migliore canzone
David Lang, Simple song #3, interpretata da Sumi Jo, Youth – La giovinezza
Migliore colonna sonora
David Lang, Youth – La giovinezza
Migliore fonico di presa diretta
Angelo Bonanni, Non essere cattivo
Migliore scenografo
Dimitri Capuani e Alessia Anfuso, Il racconto dei racconti
Migliore costumista
Massimo Cantini Parrini, Il racconto dei racconti
Migliore truccatore
Luigi Tamagnini, Valter Casotto, Luigi D’Andrea, Il racconto dei racconti
Migliore acconciatore
Francesco Pegoretti, Il racconto dei racconti
Migliori effetti speciali
Makinarium, Il racconto dei racconti
Miglior documentario
S is for Stanley. Trent’anni dietro il volante per Stanley Kubrick, di Alex Infascelli
Migliore cortometraggio
Bellissima di Alessandro Capitani
David Giovani
La corrispondenza di Giuseppe Tornatore