Bruxelles è stata la mia prima città internazionale. Bruxelles stata la prima capitale nella quale ho lavorato e vissuto. Non avevo ancora compiuto venti anni e Bruxelles mi accolse, piovosa ed affettuosa.
Frequentavo a Bruxelles le istituzioni europei per programmi d’educazione, formazione e comunicazione. Dormivo in un mansardino a pochi passi dalla vecchia sede della Commissione europea. Ricordi dolcissimi della giovane età con stimolanti combriccole di coetanei. Giravo per musei e parchi, frequentavo a Bruxelles la comunità internazionale dei rifugiati politici specialmente dall’America Latina dei primi anni Ottanta. Adoravo i ristoranti etnici ed i chioschetti che servivano lumache, gauffres, salsicciotti e patatine. Mi piaceva anche respirarne il profumo.
Bruxelles decisamente non è una bella città, ma è una città cosmopolita ed internazionale. Il meteo è pessimo, il cielo è plumbeo ma la città – forse perché storicamente abituata alla non facile convivenza tra fiamminghi e valloni – ha sempre lasciato le sue porte aperte intuendo anche le potenzialità economiche del multiculturalismo. E’ una capitale perfetta dell’Europa pur non essendone il baricentro geografico. Un popolo pacifico la cui polizia ci ha messo più di quattro mesi per arrestare il responsabile delle stragi di Parigi comodamente nascosto a casa sua.
Oggi è una città sotto attacco, ostaggia del terrore, con morti e feriti nelle strade, in aeroporto, in metropolitana. Le frontiere chiuse, gli spazi aerei blindati. La gente chiusa in casa.
Questo è forse il vero 11 settembre dell’Unione europea. Un attacco diretto al nostro modo di vivere e pensare. Un agguato mortale, quello di Bruxelles, alla libera circolazione dei cittadini, delle imprese, delle idee in un’Europa che ha perso la sua identità e la sua capacità di difendersi. Un’Europa finita in mano agli speculatori finanziari, che finge di chiudere le porte affidando la sua frontiera meridionale alla gracile Grecia ed al non rassicurante alleato turco. Un’Europa che non sviluppa un’azione politica e militare seria tra la Siria e la Libia dove la forza delle armi sta costruendo nuove nazioni e forgiando nuovi conquistatori. La storia umana è fatta di conquiste e riconquiste: in nome della religione e/o di un’ideologia. Spesso per interessi economici. Non si sfugge, è tempo di prendersi le proprie responsabilità.
Per quanto ancora potremo sfuggire alle nostre responsabilità? Quanti morti come a Bruxelles dovremo piangere? Quanto ancora c’impiegheremo per prendere in mano le armi e difendere la nostra civiltà?
E’ importante che non si strumentalizzino questi attentati con la Fede, qualsiasi essa sia. Non può esistere un Dio, se non quello di nome Denaro, che permetta queste stragi.
Sono completamente. Chi usa la fede a pretesto delle stragi offende Dio, qualsiasi dio nel quale creda