Immaginate di andare al cinema a vedere un film d’azione. La trama è questa: una novella agente di polizia entusiasta del suo lavoro, che cozza con il suo fisico minuto ed esile, si trova ad investigare sul caso di una persona scomparsa – uno dei quattordici casi cui le forze armate stanno lavorando in quel momento – con l’aiuto di un criminale, che le dà una mano solo per evitare di finire condannato per evasione fiscale. L’agente e il suo partner, tramite una pista che li porta da un centro naturista al covo di un’organizzazione mafiosa, scopriranno che dietro tutti i casi di scomparsa c’è molto di più: qualcuno sta volontariamente facendo impazzire la popolazione della città, e l’improbabile duo deve capire come e perché.
Fin qui tutto regolare, se non fosse che l’agente di polizia è un coniglio e il malvivente suo alleato una volpe, e che le indagini si svolgono nella città di Zootropolis, popolata unicamente da animali che si sono evoluti al punto di presentare comportamenti umani. Ve lo aspettavate?
Zootropolis è proprio un film che non ti aspetti. Distribuito nel 2016 dalla Walt Disney Pictures, diretto da Byron Howard e Rich Moore, segna il ritorno al mondo degli animali antropomorfi parlanti e, come in Robin Hood e in Chicken Little prima di lui, non prevede la presenza di umani. Il trailer diffuso prima dell’uscita in sala non rende giustizia alla profondità della trama e al modo avvincente in cui il giallo si dipana lungo la durata del film, senza buchi nell’intreccio o incongruenze di nessun genere: chi va a vedere Zootropolis, o perlomeno io, che non mi ero documentata prima, non si aspetta quasi niente di quello che vede sullo schermo.
L’ultima fatica Disney è la dimostrazione che i cartoni animati non sono più appannaggio dei soli bambini. Alla trama di Zootropolis, già di per sé molto più matura degli standard della casa, si aggiunge una componente “a strati“, dove in base all’età e al patrimonio culturale di chi guarda appare qualcosa di diverso: dallo sfottò ai dipendenti pubblici – con una motorizzazione civile dove a lavorare sono dei lenti, lentissimi bradipi – alle citazioni di Breaking Bad, Zootropolis fa ridere i bambini con le gag e le situazioni divertenti di cui è infarcito, ma piace agli adulti perché riflette vizi e virtù di una società del tutto simile alla nostra.
Proprio in quest’ultimo punto sta, a mio parere, la forza di Zootropolis. Sforzandomi di pensare a tutti i cartoni Disney che ho divorato nella mia vita, non riesco a trovarne uno così realistico nelle tematiche e così blockbuster hollywoodiano nella trama, ma soprattutto nessuno così geniale: nessuno dei Classici che conosco riesce allo stesso tempo a rispecchiare e a prendere in giro la società moderna raccontando una storia avventurosa e misteriosa, facendo anche ridere a crepapelle lo spettatore, senza che tutto l’insieme perda di credibilità.
Pare quindi che Zootropolis sia un piccolo miracolo: appena uscita dalla sala cinematografica, avevo già capito perché in Rete qualcuno lo aveva definito “instant classic”. Se avete dei bambini portateli assolutamente a vedere questo cartone animato, perché merita come davvero poche produzioni Disney. Se siete degli adulti, andate a vederlo lo stesso: sospendete il giudizio, dimenticando che sia un cartone animato, e fatevi avvolgere dal suo realismo e dalla sua comicità inaspettata.