Strada di montagna, un’automobile s’inabissa nel lago mentre, in montaggio parallelo, compaiono un ragazzo che sta facendo una scampagnata e una giovanissima ballerina al saggio di danza. Ecco lo stile, elegante e indiretto, di La felicità è un sistema complesso, con cui Gianni Zanasi torna al cinema dopo Non pensarci (2007), all’origine anche d’una serie televisiva. Solo ricomponendo il puzzle delle immagini lo spettatore capisce che s’è consumata una tragedia che ha reso orfani due fratelli. Una modalità di enunciazione elusiva, lenta e silenziosa come i paesaggi trentini in cui sono annegati i protagonisti.
Al centro della vicenda è Enrico (Valerio Mastandrea), tagliatore di teste che convince inetti rampolli ad abbandonare l’azienda di famiglia, per traghettarla nelle mani di chi sa cosa farne (smembrare o delocalizzare). Quei due giovani sono i suoi nuovi obiettivi: Filippo e Camilla (Filippo De Carli e Camilla Martini), eredi della coppia d’imprenditori scomparsa nell’incidente, cui Enrico s’affianca per convincerli con modi vellutati a lasciare gestire l’impresa dal loro famelico zio.
I ragazzi però non cedono: intuiscono le intenzioni dei cattivi consiglieri e decidono di resistere, trovando in Enrico addirittura un alleato. Perché lui lavora da sempre per una società che distrugge aziende solo per, come si diceva una volta, combattere il sistema dall’interno, memore di un padre bancarottiere che l’ha abbandonato scappando all’estero. Per cui, quando intuisce che Filippo e Camilla sono diversi dai soliti viziati parassiti con cui ha a che fare, capisce che è arrivato il momento di fare una scelta.
La felicità è un sistema complesso è sin dal titolo un film ambizioso, che vorrebbe offrire una fotografia paradigmatica della contemporaneità. Ma il suo disegno è scisso tra due tensioni conflittuali. Dal punto di vista visivo è un’opera allusiva, che non mostra ma suggerisce, chiedendo allo spettatore di scivolare pazientemente nei tempi dilatati della sua elegante composizione. Se l’impaginazione mira a creare una sensazione d’ambiguità non assertiva, la trama invece, distribuisce solo certezze: il mondo grigio dei capitalisti da un lato, con l’unico obiettivo di demolire e mai costruire; e dall’altro giovani idealisti che guardano all’uomo e mai al fatturato (Filippo, ovviamente, studia filosofia).
Enrico dovrebbe rappresentare il punto in cui il bene sfuma nel male, regalando complessità e ambivalenza al film, ma purtroppo assomiglia troppo a Mastandrea per sembrare mefistofelico o amletico. Sotto la patina cinica emerge subito il carattere naif e bizzarro dei personaggi dell’attore romano, così si capisce immediatamente da che parte sta. La suoneria del cellulare di Enrico è la canzone preferita di Filippo, segno che nel quarantenne apparentemente sprezzante cova lo spirito disinteressato d’un adolescente idealista. Perché saranno i giovani a salvare il mondo, anche se non si sa bene come. Tutto ciò che offre Zanasi sono volenterose metafore accattivanti (una luce bianca verso cui i ragazzi, Enrico compreso, si dirigono) e una pervasiva colonna sonora che sopperisce col sovraccarico emotivo a una trama zoppicante, priva di soluzioni e parole all’altezza della crisi, morale ed economica, che vorrebbe raccontare.
https://youtu.be/oopehUjhAmg
Bella e originale l’idea, ma lenta e poco convinvente e coinvolgente la realizzazione; forse voleva essere così, far ragionare e far comporre il puzzle..
Suoneria del cellular a parte, è un film veramente noioso.
Grazie Elena, stavo per puntualizzarlo anche io, e mi sarebbe venuto con molta meno eleganza di te… grazie
Le offro un diverso punto di vista: Nella frase, “La suoneria del cellulare di Enrico è la canzone preferita di Filippo, segno che nel quarantenne apparentemente sprezzante cova lo spirito disinteressato d’un adolescente idealista. ” dimostra che nella visione del film le è sfuggito il fatto che Enrico ha adattato la sua suoneria ai gusti di Filippo. Nella scena precedente il telefono del protagonista squilla con una suoneria assolutamente preimpostata. Inoltre Enrico utilizza i social network per vedere chi sono Filippo e Camilla. E qui a mio avviso si comprende bene il lavoro di fino di Enrico, fingere di avere gli stessi gusti, ricalcare la persona con cui ha a che fare è buona parte del suo lavoro di conquista della fiducia!
Elena ha ragione, mi era sfuggito il dettaglio. La sostanza però alla fine non cambia tantissimo, nel senso che comunque il film vuol far emergere la natura positiva e anti-sistema del personaggio di Mastandrea, e l’incontro con i ragazzi lo stimola ad uscire allo scoperto. Ma la puntualizzazione è giustissima, grazie!