Ne è passato di tempo dal notevole Immacolata e Concetta di Salvatore Piscicelli, forse il primo film italiano, nel 1980, con al centro un rapporto lesbico: un dramma duro in cui la scandalosa storia d’amore, immersa in un ambiente proletario meridionale molto ostile, era destinata a un finale luttuoso.
Venendo all’oggi, in Io e lei di Maria Sole Tognazzi tutto s’è ammorbidito fino all’estenuazione e alla noia. Federica (Margherita Buy) e Marina (Sabrina Ferilli) sono due donne di mezza età, la prima architetto, la seconda ex attrice divenuta proprietaria d’un ristorante alla moda nel centro di Roma (che ogni sera, il politically correct incombe, regala gli avanzi ai poveri). Stanno insieme da cinque anni: un’omosessualità vissuta con naturalezza da Marina, con più tormenti da Federica, separata dal marito (Ennio Fantastichini) e con un figlio ormai grande, per la quale la compagna è stata la prima e unica donna della sua vita. E il disagio si trasforma in dubbio, per l’apparizione d’un vecchio amico (Fausto Maria Sciarappa) con il quale intreccia una relazione.
In realtà è difficile comprendere le preoccupazioni di Federica, perché il mondo che le ruota intorno non le rimanda riprovazione o imbarazzo alcuno: l’ex marito amorevole e quasi elettrizzato dal ménage della ex moglie, un figlio senza rabbie, colleghi di lavoro comprensivi, un ambiente romano benestante che digerisce con l’indifferenza proverbiale della mollezza capitolina qualunque presunta diversità.
Infatti Io e lei non è un film sui disagi dell’omosessualità, ma la radiografia dello spegnersi delle passioni d’una coppia immalinconita dal tran tran affettivo dei cinquant’anni. Una normalità assoluta, che non innalza rivendicazioni di genere (inservibile come manifesto politico, il film non accenna ad alcun diritto negato) e non subisce discriminazioni sociali.
Il risultato è una commedia sentimentale piuttosto legnosa nella quale, ove non ci fosse l’elemento “straordinario” della relazione lesbica, si faticherebbe non poco a interessarsi alle schermaglie di routine di due protagoniste facoltose, casa a due piani nel centro, gatto e inevitabile domestico filippino gay cui demandare i siparietti comici. Federica e Marina non travalicano mai i confini della loro condizione borghese, garbate e castissime nell’impalpabile fisicità della loro relazione – niente amplessi furibondi modello Vita di Adele, un po’ perché siamo in una commedia italiana abbastanza conformista, un po’ perché, sembra dire la Tognazzi, una sessualità assopita è nell’ordine delle cose d’un rapporto consunto dal tempo.
Io è lei è un film ingessato, incolore, nel quale è difficile riconoscere l’apporto in sceneggiatura di Ivan Cotroneo, capace solitamente di toni assai più sbrigliati e ironici. Restano i caratteri delle due attrici che, pur brave, interpretano personaggi disegnati ripetitivamente sulle loro corde più consolidate: la Ferilli sanguigna e popolana, la Buy con sbadataggini e insistite insicurezze “morettiane”. Due donne così diverse che non si riesce a capire come facciano a stare insieme. Ma in amore si sa – omo o etero non fa differenza – gli opposti si attraggono.