Dopo i botta e risposta con Fedez e J-Ax, quelli con Antonello Venditti e con i 99 Posse, Matteo Salvini continua ad attirarsi le antipatie degli artisti nostrani: stavolta lo scontro è con Piero Pelù, anche lui molto critico nei confronti del leader leghista in forte ascesa dopo il successo alle elezioni regionali e amministrative dello scorso maggio.
Tra gli artisti italiani sono in pochi, in verità, quelli che ci mettono la faccia e si espongono politicamente anche con giudizi trancianti, ma quando lo fanno non usano mezzi termini.
Guest star del concerto World Refugee Day Live 2015, l’evento live organizzato da UNHCR in occasione della Giornata del Rifugiato per raccogliere fondi a favore dei profughi di guerra, Piero Pelù si è esibito sul palco dell’Ippodromo del Visarno in un set di 4 brani con i Bandidos, senza rinunciare a qualche invettiva tra una canzone e l’altra.
Parlando di un tema delicatissimo come quello dell’emergenza rifugiati, il leader dei Litfiba ha auspicato per Salvini un trattamento in stile “Arancia Meccanica” commentando un video sugli sbarchi nel Mediterraneo: “Vorrei vedere Salvini riguardare questo filmato un milione di volte“. Ma soprattutto, ha rivoltato contro di lui quello che ormai è diventato – incredibilmente – un motto per il segretario della Lega (stampato perfino sulle magliette del raduno di Pontida), ovvero l’invocazione delle ruspe.
Ogni volta che parla di ruspe vorrei che qualche ruspa andasse alla sede della Lega per raderla al suolo. Anche a Radio Padania.
Reduce dall’annuale raduno dei sostenitori del Carroccio a Pontida, Matteo Salvini ha risposto a Piero Pelù in tono ironico, complimentandosi per il suo atteggiamento da “compagno democratico“.
Nulla che abbia minimamente intimidito Piero Pelù. Semmai, il rocker toscano ha rincarato la dose con un parlando di “qualche razzista provocatore” che “per raccattare voti e quindi potere fa girare nell’aria qualcosa di antico anzi di nuovo: LA GUERRA TRA POVERI“. L’attacco sferrato sui social è semmai più profondo e articolato di quello lanciato dal palco, perché rivolto alla classe politica tutta.