Ma chi ha detto che il concetto di trash è da evitare? In certi casi può essere addirittura sinonimo di eccellenza. Può sembrare paradossale, ma per quanto mi riguarda è così. E Kung Fury ne è sicuramente un esempio mirabile. Dietro questo progetto c’è la creatività per certi versi “perversa” di David Sandberg regista (si diletta anche a fare l’attore, il compositore e lo sceneggiatore, ma francamente non so con quali risultati) che ama fare cortometraggi. A David ad un certo punto gli viene in mente di omaggiare la cultura (pseudo) digital pop degli action movie degli anni 80, ma non ha soldi a sufficienza. Ma in un’epoca dove il crowfunding spopola, le risorse finanziarie non sono un ostacolo insormontabile e infatti il tipo riesce a racimolare non 200.000 dollari come prefissato, bensì il triplo.
E parte il progetto: un cortometraggio che vede protagonista un improbabile poliziotto, esperto di arti marziali, mandato in missione indietro nel tempo per sconfiggere Hitler. Non inorridite: la trama può sembrare addirittura fattibile se confrontata con l’assurdo e bellissimo tripudio di citazioni, estetiche e non, relative agli anni 80. Dai computer con schermate degne del miglior Commodore, al taglio di capelli del nerd di turno; dalle eccezionali performance action dei protagonisti, ai bellissimi suoni sintetizzati che fanno da sottofondo, fino alle geniali accozzaglie anacronistiche fantasy-politiche. Ma la cosa più stupefacente è che il tutto risulti a suo modo riuscitissimo.
E quindi? Niente. Tutto ciò non andrà mai al cinema ovviamente: non solo perchè è un cortometraggio, ma anche perchè nasce e muore sul web. Insomma, se non lo avete capito ancora, al di là del ritorno di notorietà che sicuramente può giovare al regista, tutto ciò è probabilmente partito fra un “cazzeggio” e l’altro di “contorti” menti creative. Magari in una serata fra amici e magari anche con l’aiuto di “sostanze utili a far fermentare più velocemente fantasie” avvitate su se stesse. E se non dovesse bastare, c’è pure la ciliegina sulla torta. Un’eccezionale sigla cantata da uno degli imperatori dell’underground cinematografico (underground nel senso “pacchiano” del termine ovviamente…): il mitico David Hasselhoff. Certo che chi non ha vissuto almeno in parte gli anni 80, tutto questo non può capirlo; ma chi se ne fotte. Tutto questo non ha molto senso, se non quello di strappare qualche risata nostalgica. Se accompagnata da qualche birra fra amici meglio ancora. Tuffatevi in questo assurdo micro viaggio nel tempo a seguire: c’è solo da guadagnare qualche minuto di buon umore. Dopo siete liberi di tornare ai giorni d’oggi.