E’ giusto il 25 aprile celebrare la Liberazione. La libertà non è mai scontata, ed è dovere di una comunità civile e democratica dire grazie a chi ha sacrificato la propria vita per la Liberazione di tutti. Non mi piace, però, che il 25 aprile sia considerato una festa. La Liberazione è evento di lotta e di sangue, di gloria e viltà, di gioia e disperazione. Non è il 25 aprile il pretesto per una scampagnata, una ballata, la presentazione di un libro. Trasformare l’evento in una festa rischia di banalizzare il senso più profondo della Liberazione e del 25 aprile. Il 25 aprile non è una giornata qualsiasi. La Liberazione segna un prima e dopo netto nella storia nazionale. Senza il 25 aprile e la Liberazione non saremmo quello che siamo oggi con tutti i nostri pregi e difetti. Il 25 aprile è di tutti. La Liberazione coinvolge quelli che ne sono stati i protagonisti e noi che il 25 aprile del 1945 eravamo “in mente dei”. Il 25 aprile è dei vincitori di allora, ma anche degli sconfitti che in buona fede ritennero di far il loro dovere seguendo la follia dei tiranni e delle ideologie. Il 25 aprile mi ha fatto tornare alla mente un mio recente e molto desiderato viaggio a New York. Le prime ore del mio soggiorno le ho dedicate alla visita della Statua della Libertà, che della Liberazione è un simbolo universale. Prendere il battello, aggirarsi intorno alla statua, salire quasi fino a toccarne la corona e poi andare al museo dell’emigrazione di Ellis Island mi hanno profondamente commosso. Provengo da una famiglia di emigranti nelle Americhe ed in Germania. E nel giorno della Liberazione come durante la visita alla Statua della Libertà ho pianto e sorriso di gratitudine per i sacrifici dei miei familiari che mi hanno permesso di vivere un futuro migliore. Chissà se sono capace di fare altrettanto a favore dei miei figli? Celebrare la Liberazione vuol dire metter da parte l’egoismo autoreferenziale ed impegnarsi concretamente, il 25 aprile ed ogni giorno, per assicurare a tutti la Liberazione vera dalla fame, dalla paura, dalla schiavitù del corpo e della mente. Quale che sia la religione, il credo politico, il colore della pelle e la località d’origine.