Fabio Tortosa, il poliziotto che ha espresso pubblicamente su Facebook “Rifarei mille e mille volte quello che ho fatto alla scuola Diaz nel G8 del 2001” è stato sospeso dal servizio. Le pesanti dichiarazioni, che assumono una risonanza enorme all’indomani della condanna UE che parla apertamente di tortura da parte delle forze dell’ordine, hanno suscitato diverse polemiche.
I politici si indignano, il Dipartimento di pubblica sicurezza avvia indagini, il pubblico social si divide e intanto Tortosa (o chi per lui) ha cancellato il suo account Facebook e rilascia dichiarazioni tramite il sindacato di polizia Consap (“Le mie parole sono state travisate, voto perfino PD”).
Abbiamo chiesto le opinioni di Andrea Censoni, studente Optima Erasmus che ha poco iniziato la sua avventura Erasmus a Praga.
Ciao Andrea, ritieni che queste dichiarazioni possano intaccare la fiducia dei cittadini italiani nei confronti delle forze dell’ordine?
Non ritengo che la fiducia dei cittadini nel corpo di Polizia possa essere intaccata dalle personali dichiarazioni di un singolo. Secondo recenti sondaggi, ancora oggi la Polizia di Stato è l’istituzione che, insieme ai Carabinieri, occupa il primo posto in termini di fiducia attribuita dai cittadini (84%).
Come in ogni istituzione, anche all’interno della Polizia può capitare che ci sia qualche voce “fuori dal coro”, che attraverso dichiarazioni o azioni avventate possa mettere in cattiva luce l’intero corpo.
L’importante è isolare prontamente questa “voce”, dissociandosi da essa per evitare che, da semplice dichiarazione personale, possa essere invece interpretata come opinione diffusa.
Vorrei inoltre ricollegarmi alle recenti dichiarazioni del Capo della Polizia Alessandro Pansa, il quale in merito a questa vicenda ha affermato che: «Non è pensabile che ogni situazione che accada oggi possa essere ricondotta ogni volta al problema della Diaz. Oggi i reparti mobili, la Polizia, sono un’altra cosa. Sono diversi: abbiamo altri modelli comportamentali e altre tecniche operative, siamo tutori e difensori della legalità e della democrazia». Dunque la verità è una sola ed è che «la polizia è paladina della legalità. Se c’è qualcuno che sbaglia, sbaglia lui. E verrà sanzionato».
È giusto secondo te chiedere l’espulsione di questo agente dal corpo di polizia? O le frasi scritte sui social media non dovrebbero essere prese in considerazione?
Non so se l’espulsione possa essere considerata una misura “eccessiva”; è comunque notizia di ieri che questo agente è stato sospeso dal servizio (e insieme a lui anche il dirigente del reparto mobile di Cagliari, reo di aver messo “mi piace” a quel post).
Questo è avvenuto nonostante i successivi chiarimenti del post incriminato, da parte dell’agente, il quale a domanda specifica di un giornalista ha risposto: «Se lei mi chiedesse: Se lei sapesse che in prima persona o attraverso gli uomini che erano con lei sono stati compiuti dei reati, lo rifarebbe? La mia risposta è secca: assolutamente no».
Con l’avvento dei social media si è assottigliato molto il filo che separa un’opinione personale da un’offesa “pubblica”; non ultimo è infatti il caso di una giornalista di Sky, sospesa dall’emittente stessa in seguito a un tweet “al veleno” nei confronti di un pilota di Formula 1.
Molto spesso si pensa che, solo per il fatto di essere “dietro ad uno schermo”, si sia protetti e al “sicuro”; molte persone quindi si prendono la libertà di scrivere contenuti o fare commenti che probabilmente non si permetterebbero di fare nella “real life”. Queste persone però si dimenticano che quello che condividi su un social diventa “pubblico”: quindi diffamazione e offese varie, oltre che essere comunque soggette al codice penale, rischiano di gettare fango anche sull’eventuale azienda per la quale la persona lavora (o, come in questo caso, su un’intera istituzione).
Molto emblematico (quasi divertente) il caso di una ragazza texana che aveva annunciato pubblicamente su twitter l’inizio del lavoro dei suoi sogni: “Domani comincio con questo lavoro di m…a!”. Non si è fatta attendere la risposta del suo simpatico capo: “E… no, non cominci il tuo lavoro di m…a oggi! Ti ho appena licenziata! Buona fortuna con la tua vita senza soldi e lavoro!”.
Sempre più spesso le polemiche mediatiche nascono da dichiarazioni che partono dai social media. Secondo te occorre mettere dei filtri alla comunicazione che si fa su fb? Cioè tutto è lecito o ci sono cose che è meglio non scrivere e non dire? E tu in particolare utilizzi il mezzo fb per raccontare la tua vita o ci sono cose che non comunichi sui social?
Personalmente, penso che i social media siano uno dei mezzi più potenti per poter comunicare oggigiorno; potenti ma allo stesso tempo “pericolosi” perché espongono in prima linea te e, a volte, anche altre persone (datori di lavoro, azienda per la quale si lavora..).
A volte penso che dei filtri alla comunicazione servirebbero proprio; ma non devono essere dei filtri “imposti”, per non ledere la libertà di opinione e perché la comunicazione è, e deve essere, assolutamente libera e senza vincoli di alcun tipo. Mi riferisco piuttosto ai filtri che ogni persona si dovrebbe “auto-imporre”, sapendo lei stessa cosa è il caso di dire e cosa non lo è.
Utilizzare i social sì, ma farlo sempre con la testa.
È un principio che ho bene in mente nell’utilizzo che faccio di facebook e dei social media in generale; un utilizzo positivo dei social media è un utilizzo fatto per raccontare, per esprimersi e confrontarsi con altre persone riguardo i più svariati argomenti. Io personalmente non ricerco mai lo scontro-dibattito o la “polemica spicciola”, in quanto non lo reputo di alcuna utilità.
Ci sono cose che non si possono raccontare sui social, anche solo perché toglierebbero molta della bellezza che ancora c’è nel raccontare qualcosa ad un’altra persona, guardandosi semplicemente negli occhi.
Non è la prima volta che le forze dell’ordine in Italia sono nell’occhio del ciclone. Aldrovandi, Cucchi, le guardie penitenziarie. Si parla spesso da noi di polizia fascista o comunque conservatrice. Sei d’accordo? Ed è un caso tutto italiano o è così anche all’estero? Nel tuo breve soggiorno in Rep. Ceca hai notato una presenza più o meno invasiva di polizia etc. rispetto all’Italia?
Oltre che non veritiero, penso sia anche pericoloso parlare di “polizia fascista”: storicamente, nei corpi di polizia di ogni Stato ci sono sempre state frange minoritarie più estremiste, ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio (l’utilizzo di questa espressione è assolutamente casuale).
L’importante è distinguere i tralci buoni da quelli “malati”, per far si che questi ultimi non vadano ad intaccare ed infettare l’intera vite.
Rispetto all’Italia forse qui in Repubblica Ceca c’è un presidio più costante e capillare del territorio da parte della Polizia, sia di giorno che di notte. Non è una presenza invasiva, ma al contrario una presenza che dà grande sicurezza e libertà. La criminalità è molto bassa (fatto eccezionale per una grande capitale europea), ma la cosa che probabilmente mi ha colpito di più rispetto alla situazione italiana, è che qui le ragazze si sentono tranquille anche a tornare a casa da sole a qualunque orario durante la notte.
Sono convinto che anche la Polizia ceca abbia avuto i propri casi Aldrovandi, Cucchi, scuola Diaz… L’importante è che questi casi, comunque isolati, diventino un memorandum ben impresso nella mente di tutti, affinchè non capitino più episodi simili dove, da “servitore al servizio del cittadino”, la Polizia ne diventa un “seviziatore” che si arroga anche il diritto di porre fine alla sua vita.