A rivederlo oggi, Viva la libertà (2013), che Roberto Andò ha tratto dal suo romanzo Il trono vuoto, suona insieme sorpassato e profetico. Rammentiamo prima la vicenda: Enrico Olivieri (Toni Servillo), “il leader del principale partito di opposizione” (è chiaramente il Pd), grigio burocrate in drammatico calo di consensi, sparisce dalla vita pubblica e, all’insaputa di tutti, raggiunge in Francia la vecchia fiamma Danielle (Valeria Bruni Tedeschi). Il suo braccio destro Andrea Bottini (Valerio Mastandrea), visto l’imbarazzo del partito, escogita un azzardato stratagemma: fa impersonare Olivieri dal fratello gemello Giovanni Ernani (sempre Servillo), un filosofo con gravi precedenti psichiatrici.
Il pazzo al comando abbandona il cerimoniale lugubre e vittimistico della sinistra: si dimostra un leader vitale e controcorrente, che accende l’entusiasmo degli elettori con un’oratoria emozionale (“l’unica alleanza possibile è con la coscienza della gente”, dichiara) e al contempo colta (al comizio recita la poesia A chi esita di Brecht), priva delle estenuanti cautele del discorso politico. In pochissimo i sondaggi gli dànno ragione e il partito riprende quota in vista delle elezioni.
Il film guarda a Pirandello e Shakespeare (didascalicamente citato: “stai mettendo il partito nelle mani di un pazzo”; “sarà pazzo ma c’è del metodo”), e rivendica la saggezza della follia che rompe l’ipocrisia del teatrino partitocratico. Una tesi semplice semplice, che all’uscita non mancò di appassionare i politici di sinistra, da Nichi Vendola (“Consiglio al centrosinistra di andare a vederlo”) a Giuseppe Civati (“Ci vorrebbe un Giovanni Ernani presidente del Consiglio per davvero”), che cercavano disperatamente un’alternativa a Bersani, fallimentare leader del Pd alle elezioni del 2013.
Perché Viva la libertà allora sarebbe sorpassato? In primo luogo perché “il principale partito di opposizione” è ormai saldamente partito di governo, e i mal di pancia esistenziali esplicitati nel film sull’atavica paura di vincere della sinistra sono lontanissimi dal carattere di Matteo Renzi, condottiero guascone e decisionista. Ma è soprattutto la cornice di riferimenti culturali ad appartenere a un’altra epoca: Ernani è un concentrato di citazioni filosofiche e letterarie (immancabilmente autore di un libro dall’ambizioso titolo L’illusione di vivere) che vorrebbero dimostrare il potere salvifico e liberatorio della cultura classica.
Da parte sua Olivieri ostenta una passione cinefila (come Ingrao e Veltroni) e col marito della sua ex, un regista dal fumettistico nome di Mung, parla solo di cinema d’autore e del Fellini della battaglia contro gli spot televisivi. Televisione e pubblicità nel film naturalmente incarnano il demonio, secondo un punto di vista nostalgico tipico di una sinistra vecchio stampo, nutrita a saggistica e cineclub, cresciuta nel mito della diversità culturale e del complesso dei migliori (e non può mancare l’immaginetta del santino Berlinguer).
La soluzione, secondo Viva la libertà, sta in un ripiegamento nel passato, recuperando ideologie, valori e figure ispiratrici ferme agli anni Settanta. Ma tutto ciò stride clamorosamente con il principio di realtà richiamato dalla figura del leader Renzi: che è post-ideologico e post-cinematografico, ama la televisione (ricordate le polemiche per l’ospitata da Maria De Filippi con giacca di pelle alla Fonzie?) e ha fatto della frequentazione ostentata dei social network un marchio di fabbrica.
Eppure Renzi su “Panorama” recensì Il trono vuoto con parole entusiastiche: “L’imprevisto è ciò che ci può salvare, il sogno è la strada da costruire […] si tratta di ritrovare la voglia di crederci per raggiungere quegli obiettivi che abbiamo nel cuore. La politica deve uscire dal suo stato di figlia della paura per tornare a essere un varco verso ciò che non è ancora accaduto”.
Ci deve essere quindi, oltre le apparenze, qualcosa che accomuna il dettato del libro (e del film) di Andò e le idee dell’attuale premier. E qui sta il versante profetico di Viva la libertà, cui accennavamo: perché il ritratto di Ernani, fatta la tara al pesante apparato culturale esibito, è leggero come le movenze di un ballerino. Infatti il momento culminate del film è l’incontro ufficiale con la cancelliera tedesca, che si trasforma in un travolgente tango con casqué: una politica estera condotta con altri mezzi, che fa dire a un incantato Bottini, “io uno come lei lo voterei”.
E questi tratti – fascino da seduttore, esibito gusto per la vita (Ernani mangia voracemente, al contrario del fratello tristemente inappetente), passione per la musica – sono, come ha notato qualcuno, quelli tipici di Berlusconi. Un Berlusconi corretto e ben temperato, d’accordo (Ernani è galante con la simil-Merkel, non la apostrofa in malo modo come l’ex premier; al piano suona Schubert, non fa lo chansonnier confidenziale), ma con la stessa tendenza gaglioffa alla clownerie. Un Berlusconi di sinistra, insomma: cioè la definizione – o l’accusa, a scelta – più spesso usata per descrivere Matteo Renzi. Che col suo stile scattante e non paludato assomiglia a un Giovanni Ernani aggiornato e senza zavorre nostalgiche. Il ritratto perfetto di un leader carismatico per una sinistra di governo: in questo, Viva la libertà aveva visto giusto.
allucinante recensione: ripiegamento sugli anni Settanta? ritorno alle ideologie? ma chi ha scritto questo pezzo è ancora dentro quel mondo, dentro quelle ideologie e se lo tiri fuori da lì muore soffocato. Ernani e Renzi, un paragone veramente trito, uno schemettino da pensatore della domenica: mentre lo guardavo, pensavo proprio quanto fossero lontani quei due. ditemi che il film è ingenuo, ditemi che esprime un sogno a occhi aperti, ditemi pure che è velleitario: ditemi infine che è una buona novella. ma non riducete tutto a questo giochetto della profezia/nostalgia, e per una volta non sentitevi troppo intelligenti. Ernani parla, da matto, il linguaggio della verità: qualcuno direbbe mai che Renzi ha del matto, o peggio, che dice la verità?
Toglietevi Berlusconi dalla mente, non è l’unica chiave interpretativa degli ultimi venti anni: coraggio, fate uno sforzo.
Mi sento di consigliare a tutti la serie “1992” su Sky: un pezzo importante della nostra storia ben scritto e ben recitato!