Che succede a Cenerentola e al Principe Azzurro una volta finita la fiaba? Rapunzel e il suo amato vivranno per sempre felici e contenti? A tutti è capitato di porsi domande sui protagonisti delle favole, per capire se la loro gioia possa davvero essere perenne. La risposta la fornisce Into the Woods, il film tratto dal musical teatrale con trent’anni di ininterrotto successo firmato da Stephen Sondheim e James Lapine.
Gli autori hanno preso le storie di Cenerentola, Cappuccetto rosso, Jack e il fagiolo magico, Rapunzel, costruendovi intorno la vicenda di un fornaio e della moglie i quali, per rompere l’incantesimo della strega cattiva che impedisce loro di avere un figlio, devono consegnarle quattro oggetti, ognuno appartenente a una delle celebri favole.
Il tratto inventivo del testo sta nell’aver immaginato il “secondo tempo” delle vite dei personaggi fiabeschi: che, dopo aver coronato sogni d’amore, sconfitto nemici e superato le proprie paure, si trovano di fronte alle conseguenze delle loro scelte. Così può accadere che Cenerentola cominci a dubitare dell’unione fatata con il suo bel principe e che questi, incamminandosi nel bosco, incontri la moglie del fornaio e cerchi di sedurla.
Into the Woods segna il passaggio dalla dimensione intemporale della fiaba, l’eternità immodificabile del “per sempre”, alla mutevolezza del presente e del tempo che, scorrendo, mette a dura prova i sentimenti, che si svelano capricciosi e fragili come quelli di ognuno di noi. Come se la realtà improvvisamente irrompesse nel mezzo della favola, rovinandone l’incantesimo. Ed è quasi sorprendente che proprio la Disney, massima custode contemporanea della magia del fiabesco, abbia voluto produrre la versione cinematografica del musical, consegnato alle mani esperte di un regista di derivazione teatrale come Rob Marshall e un affiatato cast guidato dalla strega di Meryl Streep.
La sfida maggiore del film consisteva nel restituire la duplice anima del testo di partenza, in cui convivono elementi fantastici e notazioni realistiche: salvaguardando il meraviglioso fiabesco, ma inoculando progressivamente al suo interno il senso di ambiguità e disillusione che la polvere del tempo deposita sui sentimenti di personaggi tratteggiati con maggiore tridimensionalità.
Perciò Into the Woods alla classica ricostruzione in studio ha preferito autentiche location inglesi, che regalano alle scenografie un tratto più realistico. E gli effetti speciali hanno un gusto artigianale più che digitale, per dare il senso di una magia fiabesca verosimile, non smaccatamente ricostruita al computer. C’è oltretutto una disinvolta mescolanza di stili, evidente nel look dei personaggi: Jack (Daniel Huttlestone) e sua madre (Tracey Ullman) vestiti come contadini del primo Novecento, i “new-romantic” Cenerentola (Anna Kendrick) e Principe (Chris Pine), il Lupo (Johnny Depp) preso dai cartoni animati di Tex Avery, matrigna e sorellastre di Cenerentola eccessive come in un musical di Baz Luhrmann.
Il risultato è un film ingegnoso ma eterogeneo, che fatica ad amalgamare il tono favolistico della prima parte col (moderato) realismo della seconda, appesantito da ambizioni critiche e metaletterarie che difficilmente troveranno nella platea di giovanissimi cui il film è rivolto il destinatario ideale.
visto e francamente mi chiedo come si possa dare in pasto ai bambini una cosa del genere o anche ad uno sfortunato italiano medio di passaggio. Chris Pine era meglio lasciarlo sull’Enterprise, anche se dopo questo “principe” verrebbe voglia di abbandonarlo nello spazio insieme all’autore dell’intera vicenda di Into the Woods, con la speranza che non li ritrovino mai. Sembra una sorta di Once Upon A Time venuto male e di certo un pubblico di bambini non credo lo troverà meraviglioso, visto che persino i genitori faranno fatica a capire il senso di tutto il film. L’ambizioso progetto secondo me dovrebbe essere destinato ad un pubblico di cloni di Pico de Paperis,l’unico in grado di apprezzare un tale lavoro.