Prima delle tre statuette agli Oscar 2015, Whiplash fu lanciato al Sundance, il celebre festival del cinema indipendente statunitense, dove ottenne Gran premio della Giuria e Premio del pubblico. A dimostrazione che di indipendente resta ben poco in questo cinema, che assomiglia sempre più a quello mainstream quanto a modelli narrativi e ideologia. Perché, dovendo indicare un film cui Whiplash assomiglia, sarebbe il reazionario Ufficiale e gentiluomo.
Identica la storia, trasferita nel mondo della musica, ispirata all’esperienza del giovane regista Damien Chazelle. Il batterista jazz diciannovenne Andrew (Miles Teller) si iscrive al conservatorio in cui insegna Terence Fletcher (J.K. Simmons): il suo credo didattico è sintetizzato dall’aneddoto sul sassofonista Charlie Parker, a cui quand’era giovane Jo Jones lanciò addosso un piatto della sua batteria per fargli capire che aveva sbagliato. Fu questo a spingerlo a esercitarsi per migliorare, dice Fletcher.
Perciò le sue lezioni sono un concentrato di terrore e agonia, nelle quali gli allievi vengono condotti all’estremo della tensione per vedere se valgono qualcosa: come musicisti e, implicitamente, come uomini. Come il sergente di Ufficiale e gentiluomo interpretato da Louis Gossett Jr., Fletcher offende gli studenti con battute sessiste, li schiaffeggia e mortifica, fino a quando non eseguono perfettamente il compito. Il banco di prova più temuto è Whiplash, uno standard nell’inusuale tempo di 7/4, col quale Andrew si cimenta con piglio da invasato. Le sue esercitazioni assomigliano agli allenamenti di Rocky Balboa: tanto sudore, mani ferite a sangue, mancano solo la scalinata e lo zabaione.
Maestro e allievo costituiscono un perfetto duetto sadomasochista, con l’insegnante-aguzzino che lo umilia in ogni modo e il ragazzo che, sotto sotto, non desidera altro. Perché naturalmente la posta in gioco è divenire il più grande batterista della storia della musica.
Peccato che in Whiplash a mancare sia proprio la musica: Fletcher sarà anche un grande motivatore, ma gli arrangiamenti che fa eseguire alla sua jazz band sono mediocri. E non c’è alcuna traccia nelle lezioni e sul volto dei ragazzi di passione, ispirazione, dell’anelito alla bellezza indispensabile per fare musica. Si riduce tutto a ossessivi addestramenti ripetuti a rapidità sempre maggiore: dato che, superfluo sottolinearlo, in Whiplash il musicista migliore è semplicemente quello più veloce e virtuosistico.
La sceneggiatura è molto rozza: personaggi e situazioni sono tagliati con l’accetta e non vengono risparmiati banali effettacci. Per intendersi, quando Andrew deve suonare in una città lontana, il regista s’inventa un incidente all’autobus con cui il ragazzo viaggia per raggiungere la big band, e questo solo per rendere più parossistica la suspense, ben sapendo che Fletcher non aspetta altro che l’allievo giunga in ritardo per poterlo tiranneggiare di più.
Secondo alcuni Whiplash è un film sulla moralità del sacrificio, indispensabile per emergere: ma ad avere la meglio sono l’ottusità e il cieco fanatismo, incarnati da entrambi i protagonisti. Il fatto che, trent’anni dopo Louis Gossett Jr., anche J.K. Simmons abbia vinto l’Oscar come attore non protagonista per il medesimo ruolo, la dice lunga su quale sia il modello pedagogico ideale a Hollywood e dintorni.
http://youtu.be/bzGzdWUy7HU