Oltre alla tecnologia (soprattutto il mondo degli smartphone), seguo da vicino anche il mondo dello sport e nella giornata di ieri, mio malgrado, ho accolto con angoscia le notizie che giungevano dalla Spagna. In particolare da Madrid, dove si sono purtroppo registrati episodi di autentica guerriglia urbana tra i tifosi dell’Atletico Madrid e del Deportivo La Coruna. Anche se definirli tifosi non mi pare opportuno.
Il culmine degli scontri si è avuto a pochi minuti dall’inizio della partita, quando ha perso la vita Francisco Romero Taboada, sostenitore della compagine ospite e padre di un bambino, picchiato a morte prima di essere gettato in un fiume dove è stato poi rinvenuto.
Fin qui i fatti di cronaca, ma a lasciarmi ulteriormente sconvolto è la notizia relativa al modo in cui le frange estreme delle suddette tifoserie si siano date appuntamento alla vigilia di un match che le forze dell’Ordine avevano incredibilmente definito a basso rischio: è bastato infatti un semplice scambio di messaggi con l’applicazione Whatsapp per creare le “migliori condizioni possibili” affinché i due gruppi potessero rendere operativi i loro piani.
Quanto avvenuto a Madrid richiama per forza di cose episodi altrettanto gravi, in cui i servizi di messaggistica hanno purtroppo ricoperto un ruolo molto importante nel facilitare l’organizzazione di assembramenti e organizzazioni di rivolta, basta una semplice ricerca in Google per constatare quanto Whatsapp giochi un ruolo di primary tool per l’organizzazione di eventi di ogni sorta nel mondo.
E pensare che spesso e volentieri si parla di privacy proprio per Whatsapp, indipendentemente dal fatto che ci si concentri sulla versione ottimizzata per iOS e Android. Ebbene, considerando il numero crescente di casi in cui l’app viene utilizzata per scopi di questo tipo, forse potrebbe essere presa in considerazione l’idea di avere un maggiore tracciamento dei singoli messaggi, al fine di limitare casi simili. E voi che ne pensate? Quale è il confine?