Cotonou. Uno spettro si aggira per l’Europa calcistica. Non è il Comunismo proletario di Karl Marx, ma Cotonou rischia di avere conseguenze devastanti per l’organizzazione calcistica continentale, proprio come la sentenza Bosman nel 1995. Via libera in Europa a calciatori di tutto il mondo senza nessun limite per il tesseramento di extracomunitari.
Cotonou non è un possente difensore africano, né uno scattante centrocampista caraibico. Cotonou è una – fino ad oggi – sconosciuta località del Benin dove nell’anno 2000 fu stipulata la Convenzione che equipara i lavoratori di 48 stati africani, 15 stati del Pacifico e 16 stati caraibici a quelli dell’Unione europea.
In virtù della Convenzione di Cotonou i lavoratori di questi paesi hanno gli stessi diritti e doveri dei loro colleghi europei: libera circolazione, diritto di soggiorno, divieto di qualsiasi discriminazione per l’accesso al mondo del lavoro.
Al momento la Convenzione di Cotonou non è stata invocata da nessun atleta, nessuna società, nessuna lega calcistica. Sussistono pertanto rigidi limiti al tesseramento di atleti extracomunitari nei club calcistici italiani ed europei. Ma è un limite fragilissimo che qualsiasi tribunale europeo potrebbe spazzar via in un attimo ad istanza di un qualsiasi ricorrente. Proprio come la sentenza Bosman nel 1995 che fece crollare le frontiere calcistiche all’interno delle frontiere dell’Unione europea.
Il povero presidente FIGC Carlo Tavecchio rischia di doversi mangiarsi tutte le banane d’Africa e Caraibi quando sarà costretto a tesserare come comunitari atleti provenienti da ogni parte del mondo. Alla faccia dei proclami sulla tutela dei vivai italiani e della nazionale. La Convenzione di Cotonou, nata con l’intento di impedire lo sfruttamento dei lavoratori stranieri, può diventare il passepartout dei mercanti di calciatori per introdurli in Europa senza nessun vincolo. E’ questo l’aspetto più preoccupante sul quale esercitare i dovuti controlli. Già oggi alcune inchieste coraggiose hanno evidenziato le condizioni di cinico sfruttamento alle quali sono costretti tanti giovanissimi atleti africani e caraibici deportati dal paese d’origine e magari gettati nel cestino se non mantengono le promesse calcistiche. Ben venga la Convenzione di Cotonou se servirà a tutelare queste giovani vite, attenzione però che non si trasformi nell’ennesima e disumana speculazione.