Terra di transito è un docufilm diretto da Paolo Martino, prodotto dall’Associazione A buon diritto e distribuito, per l’Italia, da Luce-Cinecittà. La pellicola ha ottenuto il patrocinio di Amnesty International per l’Italia e ha già portato a casa un sacco di riconoscimenti. Il regista è un reporter e un documentarista di trentuno anni, che ha deciso di affrontare con questo lavoro il tema dell’immigrazione in Italia e in Europa. Una questione sempre in prima pagina, tra periodiche emergenze e procrastinazioni burocratiche, che rappresenta uno dei piani di confronto tra il nostro paese e il resto d’Europa, come tra il vecchio continente e il resto del mondo.
In Terra di Transito emergono tutte le contraddizioni insite nello status dei richiedenti asilo, costretti a restare nel paese dove gli vengono registrate le impronte digitali anche se le famiglie risiedono in altri stati, a causa della legge Dublino II. Esemplificativa la storia di Rahell, profugo curdo che intrappolato in Italia proprio per questo meccanismo di legge, ma che vorrebbe riabbracciare la famiglia che vive da tempo in Svezia. Sono, infatti, i paesi del nord Europa le mete più ambite da chi fugge dalla propria terra e si ritrova ad aggrapparsi alla vita su qualche barcone rattoppato, in mezzo a quel mare che li divide dalla speranza.
Martino porta sul grande schermo le storie vere di chi fugge dalla guerra senza sapere di andare incontro a una vita di accattonaggio, prigione, dormitori, attese infinite, perché costretti a fermarsi in un paese che non ha un sistema di accoglienza che funziona, anzi sembra non averlo proprio. Qualcuno dei protagonisti del racconto arriverà anche ad affermare che, forse, sarebbe stato meglio morire in guerra che ritrovarsi ai margini della società.
Sullo sfondo le storie che girano intorno alla stazione Termini di Roma, dove la notte, sotto alle pensiline annerite, si radunano molti rifugiati o richiedenti asilo cacciati da altre nazione e che, in Italia, non riescono a trovare un proprio spazio di integrazione.
Un punto di vista sul bel paese misurato con un’ottica diversa, ovvero quella di chi lo vive, piuttosto che come una terra di speranze, come una grande prigione a cielo aperto in cui i propri diritti sono, esattamente come quelli dei detenuti, sospesi per un tempo che sembra infinito.
Il docufilm inizia giovedì la tournée nelle sale italiane, partendo dal Nuovo Cinema Aquila di Roma per poi andare a Perugia, Bologna, Torino, Napoli e molte altre città.