Optima Erasmus 2014 è arrivata alla sua conclusione, e saluta un altro dei suoi partecipanti, Marco Cavaliere, studente Optima Erasmus a Barcellona.
Innanzitutto come ti senti ora che sei tornato a Lamezia già da alcuni giorni?
La mia avventura Erasmus è finita da ormai quindici giorni. Quindici giorni oggi, non uno di più, non uno di meno.
Ancora sento addosso l’angoscia del ricordo, mi resta addosso come una sensazione fastidiosa, come uscire da una vasca piena d’olio. E temo che non andrà via molto facilmente, il tempo ci sta lavorando a più non posso ma i miglioramenti sono ancora troppo scarsi.
“Due cose ti cambiano la vita: l’amore e partire per l’erasmus.”, non sono mai stato un amante di questo genere di frasi, né si è trattato della mia prima esperienza all’estero. Eppure devo riconoscere, a testa bassa, che al ritorno a casa ho trovato la mia vita molto più “cambiata” di quel che potessi aspettarmi.
Come va con la scrittura del tuo libro? Barcellona ti ha dato degli spunti?
Sapevo che avrei scritto tanto, nella mia permanenza a Barcellona. Scrivo sempre tantissimo, quando viaggio, ho uno stile di scrittura e di “acquisizione degli input” molto legato alla gente, alle esperienze, e d’altro canto non faccio altro che raccontare storie che mi capita di vedere o vivere, la mia più grande materia prima nei miei percorsi letterari è la mia pelle e quel che vi passa sopra.
A Barcellona posso dire di non aver tradito le aspettative, anzi. Ho quasi finito di scrivere una nuova raccolta di storie, quasi 50 in cinque mesi, sebbene in effetti ne abbia scritte molte di più.
Un altro motivo per amare ed essere grato a quella che ormai ho imparato a considerare come una mia seconda e possibile futura casa, una città che ho incontrato senza troppe pretese e ho lasciato con le lacrime agli occhi.
Come riesci a conciliare le tue tante attività, dallo studio allo sport senza però trascurare il divertimento?
Molta gente prende la mia vita con sterile critica, dicono che io DICO di fare tantissime cose solo per mettermi in mostra o per dimostrare che io sia “Migliore” di altri. Non è così, è il pensiero più lontano dalla realtà che possa venire in mente.
Il fatto è che io, tutte le cose che dico di fare, LE FACCIO. E quasi la metà delle cose che faccio neanche le dico mai, per paura di ricevere ulteriori critiche di vanagloria.
Credo che molte persone non riescano ad accettare la cosa perché equivale ad una schiacciante prova sul fatto che la vita Può DAVVERO essere vissuta al massimo, facendo mille cose e nonostante tutto avendo un paio d’ore al giorno in cui non sapere dove sbattere la testa. Ma è molto più facile accontentarsi di una vita a quaranta all’ora, rispetti i limiti di velocità e non ti sforzi, e quando qualcuno prova a dire che si può fare molto altro, che il tempo c’è, che basta averne voglia, allora si sta lì ad infangarlo, per mantenere alto l’alibi della vita in terza marcia.
Io ho deciso di celebrare la mia vita nell’unico modo che mi viene in mente:
vivendola a pieno, in ogni suo istante, come se non ci fosse un domani.
Una cosa che dico sempre quando mi chiedono come faccio a fare così tante cose è “sicuramente finirò per morire a 35/36 anni, mi sto giocando tutte le energie ora. Ma su una cosa non c’è dubbio: in paradiso, o all’inferno che sia, avrò un sacco, ma proprio un sacco di cose da raccontare ai miei coinquilini.”
Durante il tuo Erasmus hai partecipato a due sessioni di EESTEC, in Grecia e a Madrid. In cosa consiste esattamente?
EESTEC è stato un altro grandissimo passo nella mia vita. È un’associazione che racchiude circa 60 Local groups in tutta Europa, per un bacino d’utenza complessivo di quasi 10000 persone. È un network che si prefigge l’obiettivo di mettere in contatto gli studenti dei vari paesi, organizzando eventi, workshop ed attività nelle varie sedi durante tutto l’anno.
Quest’anno, per il secondo anno consecutivo, ho fatto parte del board internazionale come assistente e capo-organizzatore del più grande progetto che EESTEC porta avanti: la EESTEC Competition for Android, una competizione internazionale per programmatori java under 30 ufficialmente sponsorizzata dalla Google.
EESTEC è stato ed è per me un’occasione incredibile per crescere, personalmente e professionalmente, oltre che una mia seconda famiglia.
Ogni studente dovrebbe avere l’opportunità di far parte di iniziative come queste, sono trampolini di lancio incredibilmente utili e comunità piene di migliaia di persone interessanti e con cui stringere rapporti forti.
C’è stato qualche “neo” nel tuo Erasmus?
Barcellona è stata capace di non lasciarmi deluso in quasi niente, ho cercato per mesi un punto di debolezza ma anche cercando negli angoli nascosti del barrio Gotico non sono riuscito proprio a trovarne. Ho trovato qualche piccolo neo, certamente, ma forse neanche li ricorderei o neanche potrei considerarli come rilevanti nella valutazione finale. Il catalano certamente è stato un “nemico” fin dall’inizio, ma sono riuscito abilmente a starne alla larga, il mio obiettivo è stato fin dall’inizio quello di imparare la lingua spagnola, non di provare a capire un dialetto locale che si ostinano a definire lingua riconosciuta.
Un incontro che non dimenticherai e che riassume la tua esperienza Erasmus?
La domanda da un milione di dollari.
Vorrei dire tanti, TROPPI, ma non è così.
Non è mai così.
Si incontrano sempre tantissime persone valide in questo genere di esperienze, ma le persone che davvero lasciano il segno alla fine si possono sempre contare sulle dita di un paio di mani, ed avanzano anche delle dita.
Posso dire che a me ne è bastata una, di mano, per contare chi davvero mi ha marchiato in quest’esperienza. Non dirò chi e perché, sono una persona molto riservata nei rapporti privati e preferisco tenere per me le cose che reputo preziose, ho già troppo altro che “regalo” e distribuisco a tutti sulla mia vita e sulla mia persona.
Ma posso dire di essere tornato con qualche bellissimo nuovo tatuaggio sull’anima, raffigurante alcuni nomi che non dimenticherò mai e che spero di portare per sempre con me.
Nel tuo ultimo articolo hai scritto di voler andare via dall’Italia il prima possibile..Avevi già queste intenzioni prima di partire o ti sei convinto una volta tornato dall’Erasmus?
Credo di appartenere a quello stile di vita. Amo la mia terra, amo il mio paese ed ogni esperienza all’estero è un’ulteriore conferma di quanto sia meravigliosamente rara l’Italia, soprattutto il sud. Il problema è che accanto a tali conferme si affiancano enormi e preoccupanti conferme sulla difficoltà del restare, sulla mancanza di stimoli, di prospettive, di opportunità concrete.
Resterei senza neanche pensarci un secondo, butterei via ogni valigia in casa, se sapessi di poter realizzarmi personalmente e professionalmente qui. Ma è una speranza ancora troppo utopistica e troppo poco forte da convincermi a crederci fino in fondo, e a denti stretti devo ammettere che Barcellona ha dato un’altra brutta pacca sulla spalla a tale triste pensiero.
Mi laureerò molto presto, spero entro pochi mesi, e credo che nelle mie prime fasi di carriera l’Italia dovrà dirmi ancora una volta arrivederci, sperando non sia mai un addio.
In ogni caso, ho un biglietto di sola andata per Barcellona pronto ad essere prenotato, sperando che la data stampata sopra non sia troppo lontana da quella che leggo ora nell’angolo del mio pc.
Mi manchi, Barcellona, come si mancano due persone che si amano. Ma tornerò ad abbracciarti presto, perché non lascio mai sfuggire per troppo tempo le cose che nella vita amo veramente.