Riparte il 12 giugno da Padova il Mondovisione Tour Stadi 2014 di Ligabue: un successo costruito lungo mesi e mesi di preparazione, portato prima sui palchi delle piccole città e poi su quelli dei grandi stadi italiani. Per il rocker di Correggio è un fattore di grande orgoglio, frutto di lavoro e ingegno tutto italiano.
In un’intervista a La Stampa, Luciano Ligabue ha fatto un primo bilancio di medio termine del Mondovisione Tour negli stadi, che ha già toccato con spettacoli sold out l’Olimpico di Roma, il San Siro a Milano e il Massimino di Catania.
Uno show ricco dalla scaletta ricca di brani tratti dall’album Mondovisione rilasciato lo scorso 26 novembre, disco record di vendite che ha appena ottenuto il sesto disco di platino e staziona stabilmente in topten della classifica Fimi tra i più venduti in Italia.
L’indignazione, la rabbia, il sentimento, la forza catartica della musica: questi ed altri gli ingredienti del Mondovisione Tour Stadi 2014, che è insieme un ritratto del Ligabue pubblico e di quello privato. Come quando sul maxischermo a 180 gradi appaiono le citazioni sul potere di personaggi del calibro di Jimi Hendrix, Indro Montanelli o l’evangelista Matteo, oppure quando scorrono le foto di famiglia del rocker che ce lo raccontano da un punto di vista più intimo. Una scelta ben precisa, che Ligabue spiega a La Stampa raccontando anche come è maturata.
La canzone è Per sempre, parla dei miei genitori: ero perplesso, ho lasciato decidere a mia madre. Le ho detto: Rina (non l’ho mai chiamata mamma, si chiama Rina Iotti, in passato l’ho chiamata Iotti), ma se dovessi mettere foto tue e di Giovanni (mio padre, lo chiamavo Giuanin) e casomai ci sono anch’io? Lei mi ha solo chiesto: è un bello schermo? Sono contento di averlo fatto, le foto hanno un impatto emotivo e un sapore chiaro, evidente di come questo paese è anche stato. La Rina le ha viste, ne è orgogliosissima: Stiamo così bene, siamo così belli.
D’altronde la forza dei sentimenti è sempre stata il motore delle canzoni di Ligabue: per questo molti storcono il naso quando se ne parla definendolo un rocker, ma lui non ne fa certo un dramma e preferisce non dare peso alle etichette.
Le mie canzoni sono sentimentali. Lo so che è un aggettivo considerato “loffio”, ma per me non lo è. Più che l’idea, mi interessa il sentimento, lo stato d’animo che ha originato l’idea e la porta a spasso per il mondo. Chi entra a contatto con me mi accetta o mi rifiuta sulla base della sintonia emotiva. Non funziono su un piano intellettuale, se sei in sintonia le mie cose ti piacciono, altrimenti le rifiuterai.
Ligabue conferma di non essersi “mai preoccupato di essere rock“, piuttosto di aver inseguito l’ideale di una “musica energica e spudorata nei sentimenti“. Col suo ultimo album, che sembra associare al sentimentalismo anche una ritrovata vena analitica del presente (in particolare nei singoli Il sale della terra e Il muro suono), il punto di vista di Ligabue su cosa sia il rock ha una formulazione ben precisa.
In Mondovisione c’è Con la scusa del rock’n’roll, detto rocchenroll, all’italiana: parla di un ultracinquantenne che capisce che quello è un bellissimo pretesto per essere spudorati fino in fondo, per urlare come la pensi, per essere sfacciato. Non mi sono mai ritrovato nell’iconografia del rock’n’roll, ma nella sua spudoratezza sì. Il rock’n’roll è un pretesto bellissimo: siamo ancora qui a celebrarlo insieme.