Ciro Di Marzio è stato il primo personaggio della serie che abbiamo imparato a conoscere. Ci ha dato il primo impatto dell’estremo realismo e della crudezza caratterizzante l’intera serie. Le prime scene che descrivono l’azione di rappresaglia dell’incendio della casa di Conte, si svolgono in un alternarsi di disinvoltura e professionalità criminale, nonché soddisfazione e compiacimento da parte degli artefici.
E se mai Ciro può essere a rischio di suscettibile fascino da personaggio, ogni dubbio viene scalzato quando diventa inevitabile sinonimo di disprezzo e risentimento, nel mostrare la sua lucidità quando ammazza un giovane solo per un battesimo di fuoco, o nel non esitare a torturare una minorenne, per poi farla a pezzi come un’animale da macello.
Questo è uno dei primi punti da fissare per eventuali riflessioni e appunti: la routine e l’accettazione del tutto naturale di certe logiche criminali e aberranti da parte dei personaggi, alias della camorra. Un ulteriore spunto sul quale ci si potrebbe dibattere, è l’evoluzione della Camorra; quello che, da un punto di vista televisivo, finora non era stato ancora reso con chiarezza, che riesce invece a trasmettere Gomorra la serie, è la ferocia dei clan camorristici sul territorio, l’estrema cura dei dettagli delle strategie commerciali e militari attuate per consolidare il potere.
Isaia Sales, grande esperto di Camorra, scriveva (nel lontano 1994) in un’introduzione del Rapporto sulla Camorra, basato sulla Relazione approvata dalla Commissione Antimafia il 21 dicembre 1993 (si tenga fermo e ben presente questo importante documento storico: è stato e continua ad essere uno degli studi principali che ha segnato per così dire una svolta nella comprensione moderna della camorra, da lì a venire) che, quando già nel 1981 Cutolo si era notoriamente impossessato delle attività economiche del territorio napoletano e oltre, quando già Cutolo era stato artefice della liberazione di Cirillo, e quando già per le strade si contavano a centinaia i morti ammazzati, non si ritenevano estendibili alla camorra le misure repressive antimafia.
Ciro, probabilmente, non era ancora nato. È chiaro quindi, che non molti anni fa si riteneva di conoscere o, nella migliore delle ipotesi si sottovalutava il fenomeno camorristico. E intanto Ciro nasceva e cresceva, e diventava non solo ferocia e scaltrezza; diventava soprattutto spregiudicata intelligenza criminale e strategica. Non è un caso che riuscirà a cavarsela in situazioni estreme e, probabilmente, giungerà a fare la sua personalissima carriera. Anche se fondamentalmente Ciro è soprattutto un soldato della camorra. È soprannominato l’immortale: un soprannome che calza come un’uniforme non standard. Ma Ciro è tremendamente mortale per sè, per gli altri e per Napoli. Lo è, prima di sparare, quando pensa e quando parla, distribuendo le sue logiche infami che attecchiscono in terreni fertili.