Charlie Kaufman, lo sceneggiatore di Essere John Malkovich, Confessioni di una mente pericolosa, premio Oscar per la sceneggiatura di Se mi lasci ti cancello, ha creato il suo capolavoro. È Synecdoche, New York il suo primo lavoro da regista. Nello stesso film, il protagonista è il compianto Philip Seymour Hoffman, scomparso prematuramente il 2 febbraio 2014.
Synecdoche, New York è un film ricercato, complesso, non facile, perché è uno di quei lavori che ti istiga domande, riflessioni, dubbi. Quando lo vedrete vi lascerà un po’ perplessi; ha bisogno di sedimentare, dopodichè germoglierà nella vostra anima, lasciandovi riflettere al pari di una poesia tormentata.
Che sia un film non proprio semplice lo si intuisce già dal titolo che è un gioco di parole fra Schenectady, New York, in cui è ambientata la vicenda, e la sineddoche (figura retorica che consiste nell’uso in senso figurato di una parola al posto di un’altra, mediante l’ampliamento o la restrizione del senso).
La trama ci racconta di Caden Cotard (Philip Seymour Hoffman), un regista teatrale alle prese con un nuovo spettacolo. Caden è inquieto, frustrato perché Adele, sua moglie, lo lascia per proseguire la carriera di pittrice a Berlino portando con sé la figlioletta Olive. Caden è anche ossessionato dalla morte: ha scoperto di avere una misteriosa malattia. Riunisce quindi una compagnia di attori per mettere in scena la sua vita, all’interno di uno spazio molto grande, dove la scenografia va crescendo di giorno in giorno e diventa di per se maestosa, a tratti cupa e minacciosa. È una scenografia che sembra crescere quasi come una metastasi, quasi a simboleggiare i violenti ritmi del quotidiano metropolitano, che ci opprime, ci stritola: che ci annichilisce giorno per giorno.
Synecdoche, New York è un film a tratti Pirandelliano; è un gioco nel gioco: una rappresentazione teatrale, in un film che è la vita stessa. Il regista teatrale che decide di mettere in scena la sua vita sembra quasi voler esorcizzare i suoi sensi di colpa, rivivendo il passato. È sempre presente un leggero velo di malinconia, un’inquietudine che non è banale tristezza. Questo Synecdoche, New York non è semplicemente un film: è un punto interrogativo che si insinua nelle pieghe cerebrali e ti fa sputare fuori una sequenza veloce e confusa di emozioni, difficile da decifrare e interpretare di prima istanza, perché sono le stesse emozioni che ci impregnano la vita, ma concentrate nel breve svolgersi di una semplice e geniale sceneggiatura.
È una riflessione sulla natura umana con tutte le sue debolezze destinate a essere messe da parte periodicamente e periodicamente ridestate. In altre parole è un film sulla vita e la vita non è altro che ricerca.
Synecdoche, New York arriverà nelle nostre sale il 19 giugno grazie all’impegno della BIM distribuzione.