Non c’è luogo migliore di una fiera del design per andare a caccia di idee creative, e Home-London che si è appena conclusa nella capitale britannica – è tra quelle in maggiore crescita. Del resto l’industria creativa inglese vale 71 miliardi di sterline l’anno ed è in espansione, con un incremento del 10% e l’occupazione di settore aumentata del 16% nel 2012 (dati governativi). Si tratta di un ramo vitale per l’economia del paese, il governo se n’è accorto, e investe, speriamo sia di ispirazione anche per l’Italia che sembra vivere di rendita da un glorioso passato ma dare poco spazio ai talenti emergenti. Tornando alla fiera, gli stand più affollati sono stati quelli dedicati al tessile, e anche in questo settore vince chi innova, non solo nei materiali ma anche (soprattutto) nei pattern, che siano essi geometrici o di ispirazione naturalistica.
Del secondo gruppo fa parte Alison Mac, inglese, che attualizza il classico sfondo botanico con colori e linee contemporanee rilanciando i papaveri, nuova tendenza forte per l’interior design del 2014 (www.alison-mac.com). Stesso nome, ma stile diverso per Alison Milner che parte dagli elementi della natura e li trasforma in delicate forme stilizzate, fino ad arrivare a veri e propri pattern che suggeriscono un’ispirazione vagamente scandinava. A metà strada tra geometria e natura c’è anche Shani Beadle , canadese trapiantata a Londra, che per i suoi tessuti si ispira a ciò che vede viaggiando per il mondo
. Vagamente retrò, i suoi accessori sono una boccata d’ossigeno per chi vuole rinnovare un angolo della casa anche solo con un dettaglio. In una fiera londinese non poteva mancare un po’ di british proud, che Victoria Eggs www.victoriaeggs.co.uk) ha trasformato in una collezione che declina con grande ironia, oggetti, abitudini ed espressioni inglesi.
Non sono mancati gli spunti interessanti nel settore kids, l’arredo della cameretta è diventato una faccenda di stile molto seria e il marchio di punta sulla scena internazionale è Rice , danese e coloratissimo, deve il suo nome al sacco di riso che in Madagascar viene dato come parte del salario. Alcune linee della produzione sono realizzate infatti sull’isola