L’ultima ruota del carro è il più bel film che Giovanni Veronesi abbia mai fatto.
A dichiararlo è lo stesso regista, esponendosi a conseguenze deduttive inevitabili. Figuramose ll’artri (amici romani perdonatemi), direbbe probabilmente il Giacinto interpretato da un Ricky Memphis in parte per intero e non in parte come spesso accade.
Grande merito dunque al preparatore atletico di una squadra che presenta tutta lo stesso stato di forma. Una sorta di Italia del 1982 la cui citazione è inevitabile vista la celebrazione nella pellicola, con un Elio Germano Oriali nella trama del film, e Paolo Rossi nel risultato complessivo.
Ma è solo quella l’Italia celebrata in L’ultima ruota del carro, perchè i 20 anni e passa di storia del nostro paese, condensati in meno di due ore, vengono raccontati frettolosamente e superficialmente. Un po’ come lo sguardo poco attento del suo protagonista troppo dentro al presente per osservarlo dal di fuori. Taglio voluto dunque? Se sì, ad ogni modo leggero. E questa leggerezza si sposa male con una pellicola che diverte come al solito fanno le produzioni di Veronesi, ma che per la deduzione di cui prima, ambiva probabilmente a qualcos’altro.
L’ultima ruota del carro resta un film gradevole e ben interpretato che mi auguro rappresenti l’inizio di un nuovo percorso (ne potrebbe essere un segnale il nuovo sodalizio con Fandango e Warner Bros) per un regista che ha evidentemente (nel senso di sotto gli occhi di tutti) ancora qualcosa da dire. Un tragitto però da percorrere con meno fretta ma più lentamente, proprio come facevano i carri di una volta.
L’ultima ruota del carro è nelle nostre sale da ieri 14 novembre. Il trailer lo trovate qui.