Il mio cuore è a Lampedusa. Da giovedì mattina non riesco a pensare ad altro. La bella isola delle nostre giornate liete è diventata un orrendo cimitero. Prego per l’anima benedetta delle vittime perché Dio, qualsiasi dio nel quale credevano, gli conceda quel Paradiso che non hanno trovato in terra.
I cadaveri che affiorano dal mare stridono con la paradisiaca bellezza di un avamposto africano sul quale sventola la bandiera tricolore. Quante volte sono rimasto a bocca aperta ammirando il volo del falco della regina. Quanto stupore quando riuscivamo dalla nostra barca ad avvistare un capodoglio al largo della cala di Mare Morto al cui solo pronunciare il nome mi vengono i brividi. Belle le lunghe notti a discutere di tutto al cospetto dello scoglio dei conigli mentre i capperi e la malvasia ispiravano i piaceri della vita.
L’isola è una sorta di calamita, crocevia millenario di rotte, correnti, popoli. Un vero e proprio faro come suggerisce l’etimologia greca della parola e ricorda la torretta luminosa di Capo Grecale. Chissà cosa hanno visto della meravigliosa Lampedusa gli sventurati migranti affondati in mare con la loro illusione di esser giunti a pochi metri dalla Terra promessa. Chissà da cosa fuggivano, chissà cosa speravano di trovare, com’era il loro passato, cosa sognavano per il loro futuro. Un compendio d’umanità dove le storie si sono confuse fino alla catastrofe finale. La morte ha unito indissolubilmente il loro destino al nostro. Mio padre Domenico a quindici anni s’imbarcò su di una nave per cercar futuro e fortuna in Venezuela. La civiltà ed il progresso, i crimini e le dominazioni, le fedi e le disperazioni, le illusioni e le frustrazioni viaggiano da millenni lungo le rotte del mare. E’ la vita con il suo fardello di meraviglie e di nequizie. Siamo quel che siamo perché i Fenici hanno sfidato le correnti per vender qualche brandello di stoffa, i Greci esuli hanno costruito templi sulle nostre coste, gli Arabi ci hanno insegnato la matematica. Certo abbiamo litigato con Cartagine al punto di distruggerne le fondamenta ma non il ricordo. Il mare è questo fonte di vità ché è fatto d’acqua come noi tutti esseri viventi. Onore alle povere vittime delle quali forse mai conosceremo il nome. Maledetti i colpevoli: gli scafisti, i trafficanti di esseri umani, i governi africani sbandati che usano i migranti come arma o strumento di ricatto, i guerrafondai ed i loro complici occidentali rivenditori d’armi e dittature che incendiano l’Africa ed il Medio Oriente. Ma soprattutto maledetti coloro che fanno finta di nulla, quelli che – solo perché vivono più a Nord – immaginano che il problema non gli appartenga, quelli che propagandano la fallace illusione che esistano ancora delle Terre Promesse. Le campane a morto di Lampedusa oggi risuonano per tutti noi!!!