Arriva una timida apertura dagli Stati Uniti ad Assad e alle forze governative. Il segretario di Stato americano John Kerry ha dichiarato pubblicamente che un modo per evitare l’attacco statunitense sarebbe la consegna delle armi chimiche da parte di Assad. Nel caso in cui il leader siriano consegnasse i gas utilizzati duranti gli attacchi di meno di un mese fa, gli Stati Uniti potrebbero evitare i raid per i quali hanno chiesto senza esito l’appoggio della comunità internazionale. A quest’ultima Assad dovrebbe fornire tutte le informazioni per neutralizzare i propri armamenti.
Una possibilità che Assad per primo smentisce categoricamente visto che non ammette in nessun modo qualsiasi tipo di coinvolgimento dell’esercito siriano nell’utilizzo del gas nervino denunciato a fine agosto. Una circostanza che lui nega categoricamente ma che l’intelligence americana continua ad attribuirgli. Addirittura gli 007 americani parlano di undici occasioni in cui le forze governative avrebbero utilizzato le armi chimiche. Un dato fornito dallo stesso segretario di Stato che ha anche definito lontana la possibilità che Assad si assuma questa responsabilità. Intanto sulla possibilità di un attacco e sulle ripercussione che avrebbe nell’area è tornato a parlare anche il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.
Secondo il titolare del dicastero, «Sempre più uomini politici, uomini di Stato, condividono la nostra opinione secondo cui uno scenario di forza porterà ad una esplosione di terrorismo in Siria e nei Paesi vicini, e a un forte flusso di rifugiati». Una possibilità già paventata dallo stesso Putin mentre Assad oggi apparirà sulla Cbs con le sue dichiarazioni, già anticipate da alcune stralci dell’intervista, con le quali mette in guardia gli Stati Uniti dallo sferrare un attacco in Siria perché sarebbe poi oggetto di azioni di rappresaglia da parte di tutti gli amici del governo siriano.