Indossava la fascia di capitano della squadra di calcio di Palermo e contemporaneamente andava in giro in auto con il figlio di un boss latitante. Ma cosa più grave con lui ingiuriava il giudice Giovanni Falcone. Finisce nel peggiore dei modi l’avventura di Fabrizio Miccoli a Palermo. Per anni considerato il giocatore simbolo della squadra della città ed orgoglio per migliaia di tifosi e cittadini, Miccoli lascia il capoluogo siciliano con l’infamia di aver insultato il giudice Giovanni Falcone. E non solo visto che ai suoi danni è in corso un’inchiesta della procura antimafia di Palermo che lo vede accusato di estorsione.
Secondo i magistrati palermitani, Miccoli avrebbe utilizzato Mauro Lauricella, figlio del boss latitante Antonio, per riscuotere dei crediti da alcuni debitori della sua attività commerciale proprio a Palermo. Miccoli avrebbe chiesto il “favore” a Lauricella jr in virtù del rapporto di amicizia che li legava. Un’amicizia venuta fuori dalle intercettazioni disposte ai danni del figlio del boss latitante nel tentativo di rintracciare il padre. In una di queste telefonate è venuta fuori una circostanza ancora più infamante per l’ex capitano del Palermo.
Siamo nel 2011. In auto in giro con Lauricella al centro di Palermo, per dare appuntamento ad un terzo amico, Miccoli a telefono dice: «vediamoci davanti all’albero di quel fango di Falcone». Si riferisce all’albero piantato in memoria del giudice ucciso dalla mafia nel centro di Palermo e che lui ritiene “fango”. Lo stesso a cui fingeva di dedicare i suoi gol durante la partita del cuore organizzata in memoria delle vittime della mafia. Una frase se possibile ancora più grave dell’accusa penale che gli viene mossa e che gli è valsa anche l’apertura di un fascicolo da parte della procura federale e da più parti viene chiesta la sua radiazione. Intanto il Palermo calcio aveva già deciso di non rinnovargli il contratto.