Dopo aver negato il rinvio dell’udienza per attendere la decisione della Consulta, la seconda sezione penale della Corte d’Appello di Milano ha confermato la condanna a quattro anni di reclusione ai danni di Silvio Berlusconi nell’ambito del processo sulle presunte irregolarità nell’attribuzione dei diritti tv a Mediaset. La decisione è arrivata ieri sera dopo una breve camera di consiglio ed ha accolto le richieste della procura generale. Anche la pubblica accusa aveva chiesto la conferma della condanna inflitta in primo grado dal tribunale di Milano.
L’accusa ai danni del cavaliere è di frode fiscale e nel dispositivo di sentenza c’è anche la conferma dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Dei quattro anni di pena, tre sarebbero coperti dall’indulto, ma quest’ultimo non basta. In mattinata i legali di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Pietro Longo, avevano presentato l’ultima istanza di rinvio del processo.
Gli avvocati avevano chiesto il blocco del processo in attesa della decisione della Consulta sul conflitto d’attribuzione presentato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri nel 2011 successivamente al mancato riconoscimento in un’udienza del legittimo impedimento. La Corte però aveva rigettato la richiesta e proseguito il processo dando inizio alle arringhe difensive. Il tempo di far discutere i legali dell’imputato e poi la sentenza lampo che ha condannato ancora il cavaliere.
Adesso l’unica strada per l’ex premier è il ricorso in Cassazione ma per il momento la sua reazione è stata chiudersi nel silenzio chiedendo ai suoi collaboratori di non passargli alcuna telefonata. Furioso Berlusconi a cui fanno eco tutti i principali esponenti del Pdl, da Brunetta a Gasparri, passando per Capezzone fino ad arrivare alla Santanché. Tutti parlano di sentenza «politica». Grillo liquida tutto con una battuta: «si vede che lo faranno senatore a vita».