La Suprema Corte contro la salute e la legalità. Drogarsi in compagnia non è un reato punibile. E se qualcuno del gruppo ha procurato la droga e l’ha distribuita a tutta la combriccola non può esser considerato uno spacciatore.
Lo ha stabilito la Cassazione in una sentenza choc. Non mi addentro sulla complessa struttura giuridica del pronunciamento, ma il suo significato sociale ed etico mi sembra chiarissimo: la Cassazione ha abbattuto un altro limite verso la completa liberalizzazione del consumo di droga.
Non esistono droghe leggere e pesanti. Autorevoli studi scientifici dimostrano come anche uno spinello possa aver effetti devastanti. La legge e le corti dovrebbero tutelare la salute dei cittadini e la loro incolumità piuttosto che inventarsi strampalate autorizzazioni al consumo collettivo.
La decisione della Suprema Corte, liberalizzando il consumo di gruppo, suggerisce agli spacciatori ed ai narcotrafficanti un ottimo espediente per farla franca in occasione di eventuali blitz delle forze dell’ordine che diventeranno, adesso, inevitabilmente più complicati. E diventerà più difficile anche svolgere un’azione di prevenzione personale e recupero sociale riguardo alla tossicodipendenza.
Da cittadino e da genitore sono indignato e preoccupato. Coloro che oggi applaudono alla decisione potrebbero domani piangere perché un loro congiunto sarà stato ucciso sul marciapiede da un pirata della strada sotto l’effetto di droghe leggere assunte in compagnia, o avrà subito mutilazioni in ospedale da un chirurgo che prima di entrare in sala operatoria aveva tirato cocaina con altri colleghi. Drogarsi è un errore. Farlo in compagnia lo è ancora di più.