Scampia non è un set televisivo. Saviano continui a scrivere i suoi libri ma restino lontane le telecamere della fiction dal popoloso quartiere di Napoli. Gli abitanti di Scampia non sono bestie dietro le sbarre da guardare come in un enorme zoo metropolitano.
Condivido profondamente la decisione del presidente della Municipalità Angelo Pisani di rifiutare ogni tipo di permesso per le riprese di una fiction ispirata al romanzo di Roberto Saviano.
Lo scrittore, che da anni vive sotto scorta, ha ceduto per dieci milioni di euro i diritti televisivi di “Gomorra”. Una sontuosa operazione commerciale che premia la sua capacità di promuoversi e vendere libri in tutto il mondo. Bravo Saviano a monetizzare al meglio il suo lavoro, ma non accetto speculazioni indiscriminate sulla pelle di chi vive in quel quartiere abitato da tante persone perbene e coraggiose.
Non si tratta di censura. Saviano ha ampie ribalte mediatiche per esprimere le sue idee. Ed ha avuto anche grandi meriti nel portare alla luce gravissimi eventi malavitosi. Ma le luci della ribalta sono abbaglianti e fanno smarrire la strada delle buone intenzioni. Ci vuole poco a passare dalla coraggiosa denuncia alla becera speculazione. Il permesso non è stato negato per un reportage televisivo ma per un fiction che rischia di continuare a propagandare sempre lo stesso stereotipo: Napoli uguale Camorra, Scampia uguale droga. Sbarrare la porta alla fiction non vuole dire nascondere i problemi. E’ un coraggioso gesto di dissenso civile contro chi mette a nudo solo i problemi senza valorizzare minimamente i tanti fermenti di riscatto morale, sociale e civile della meravigliosa e coraggiosa gente di Scampia.
Sono convinto che Saviano, al quale tutti dobbiamo esser grati, non volesse in alcun modo denigrare la gente di Scampia. C’è ancora tempo e modo per rimediare all’errore magari destinando una quota dei diritti d’autore – fece così Marcello D’Orta dopo il boom di “Io speriamo che me la cavo” – a progetti seri firmati dallo stesso Saviano per aiutare la gente di Scampia – come quella di Casal di Principe – a ritrovare l’orgoglio della loro origine.