Non mi è piaciuta l’ultima puntata di “C’è posta per te” nel corso della quale Cavani ha donato una cifra di denaro e giocattoli per le figlie ad un napoletano rimasto senza casa e senza lavoro.
Chi è in difficoltà merita aiuto e non elemosina. Specialmente quando l’elemosina diventa uno spettacolo televisivo e viene palesata da un campione come Cavani.
Il povero Mario, questo il nome del disoccupato napoletano, ha dovuto sciorinare di fronte a milioni di persone tutta la sua triste vicenda. Senza reddito e senza tetto. L’unica consolazione in tanta sventura: il Napoli. Ed ecco materializzarsi la “sorpresona”. Dalla lettera televisiva spunta Cavani che, dopo ampio e sincero spargimento di lacrime, tira fuori il portafogli con una somma di denaro per Mario e la sua famiglia.
E’ bene ricordare che queste sceneggiate televisive – confezionate con maestria da Maria De Filippi – non sono certo delle sorprese. Vengono meticolosamente preparate in ogni dettaglio per scatenare la lacrima catodica. I campioni del calcio si prestano alla messa in scena ricavandone ampia pubblicità.
Il povero Mario ha incarnato tutti gli stereotipi antimeridionali: povero, disoccupato con prole ma malato del Napoli. I leghisti gongolano contro i terroni. Cavani, ne sono certo inconsapevolmente, ha contribuito ad alimentare questo pregiudizio sociale. Triste sceneggiata e triste vicenda nella quale una famiglia bisognosa d’aiuto debba scrivere a “C’è posta per te” piuttosto che ai Servizi Sociali. Triste pantomima e triste paese quello nel cui un pover’uomo (così l’ha definito la moglie stessa) in difficoltà, debba esser umiliato in televisione e trasformato in un fenomeno da baraccone per ricevere l’aiuto che merita.