
L’iPad Mini è in rampa di lancio per il gran debutto, in programma martedì 23 ottobre. La versione ridotta del tablet è il sesto grande prodotto annunciato da Apple dopo la dipartita del guru Steve Jobs (peraltro contrario al rilascio di una tavoletta con dimensioni contenute).
Riuscirà a tenere testa ai competitor? O sarà un fallimento totale? Il mondo è di chi osa, ma le prospettive non giocano certamente a favore di Tim Cook e del suo team di collaboratori. Il debacle relativo alla mappatura di iOS 6 lascia davvero ben poco da sperare. E’ la prima volta dopo tanto tempo che s’assiste ad una simile misfatta. Prima d’ora, la mela morsicata aveva sempre cercato di curare tutto nei minimi dettagli. Mai ci saremmo aspettati tanta negligenza nella gestione di un nuovo software esclusivo.
Un altro segnale negativo, che ci riporta un po’ agli errori del passato (la quasi bancarotta del 1997), scaturisce dalla volontà di dividere il capitale in eccesso fra gli azionisti.
Steve Jobs, da visionario qual era, aveva sempre cercato di investire i fondi in risorse e ricerca, per poter, in qualche modo, alzare l’asticella e puntare al futuro. Sembra quasi di rivivere un deja vu: lanciare l’iPad Mini significa azzardare in un campo nuovo, mai esplorato finora, e competere con colossi del calibro di Google Nexus 7, Samsung Galaxy Tab II e Kindle Fire HD.
Il noto analista George Colony è dello stesso avviso: “Potrebbe essere un problema il voler accontentare a tutti i costi gli azionisti a discapito dei clienti” – ha chiosato il presidente della Forrester Research. Questo succede quando la creatività cede il passo alla tecnica (più o meno quello che è successo ad aziende come Sony, Polaroid o Disney).
La mancanza di un leader creativo comincia a farsi sentire. Che l’iPad Mini rappresenti il primo passo verso una lenta agonia? Meglio fare un’inversione di rotta prima che sia troppo tardi.
Steve Jobs ha sempre anticipato il mercato, creando un nuovo bisogno ai potenziali clienti… ora Apple sta rispondendo ad un bisogno del mercato, si, probabilmente degli azionisti che vedono soldi facili in un’area nota. Da “proactive” a “reactive”, sicuramente un brutto segno.