Non ho mai usato un’arma da fuoco ma sono il prodotto dell’evoluzione di una specie sopravvissuta grazie anche all’abilità dei miei progenitori cacciatori. Non capisco proprio quelli che sono contrari a questa atavica attività umana.
I nostri avi per nutrirsi dovevano uccidere un mammut o, in tempi più recenti, un fagiano. Se non avessero ucciso questi animali, sarebbero periti loro e le loro famiglie. Quella venatoria è un’attività insita nel corredo genetico della specie umana Mi lasciano pertanto interdetto le polemiche che ogni anno scatena l’incipit della stagione venatoria.
I difensori di passeri e cardellini insorgono contro quello che viene descritto come uno sterminio di massa, paventando altresì gli incidenti più o meno gravi che qualche imprudente provoca con la sua stoltezza.
Quanta ipocrisia! Si difendono i tordi ma non si esita ad addentare bistecche e spigole come se tali animali fossero finiti spontaneamente sulle nostre tavole opulente.
Naturalmente è fondamentale il rispetto rigoroso delle zone e specie protette, la cura dei cani preziosi ed utili compagni del cacciatore, l’istruzione all’uso delle armi. Ma perché privare chi lo desidera del piacere di vivere il contatto con la natura attraverso una pratica primordiale e piena di fascino? Senza considerare anche i notevoli risvolti economici ed occupazionali del turismo e dell’industria venatoria. Un comparto che vede ogni anno sempre più cacciatori fuggire all’estero dove la caccia non è considerata un crimine di guerra.
Regole e rispetto si! Proibizionismo ideologico no! Anche perché i veri cacciatori sono i primi difensori dell’ambiente e della fauna in quanto rispettano i capi giovani ed uccidono solo gli esemplari più vecchi.
Parliamone.