La vicenda di Alex Schwazer il marciatore che, trovato positivo ad un controllo, ha ammesso l’uso di sostanze dopanti è ancora tutta da chiarire.
Non mi convince per nulla la versione del reo, il quale sostiene di aver fatto tutto da solo. Non ci credo che un atleta di livello mondiale compri l’epo e se la somministri all’insaputa totale di allenatori, medici, familiari e congiunti.
Che razza d’allenatore o medico è quello che non si accorge dell’insolito miglioramento prodotto dalla sostanza proibita nel corpo dell’assistito? Farò anche peccato a pensar male, ma l’impressione è che sia stata inscenata una versione di comodo per limitare i danni, alleggerire la squalifica, riportare in gara l’atleta nel più breve tempo possibile.
Questo aspetto sarà chiarito dalle prossime indagini ma due cose sono vere ed inconfutabili. IL marciatore è l’ennesima vittima di uno sport sempre più drogato dal successo a tutti i costi; non più sana pratica sportiva ma strumento per ottenere gloria, sontuosi contratti per vendere merendine, fidanzamenti vip. Con diverse modalità e sistemi sia Alex che Federica Pellegrini sono rimasti stritolati dallo stesso diabolico e disumano meccanismo.
Comunque Schwazer ha immediatamente e giustamente pagato la sua colpa. Fuori dai giochi e dalla pubblicità. Quanti in Italia, di fronte anche a fatti più gravi, la fanno franca? Politici ladri che continuano ad abitare i palazzi del potere, imprenditori evasori totali che vivono da nababbi, impiegati assenteisti e falsi invalidi, commercianti frodatori. L’elenco delle colpe è sterminato come quello delle scuse, ma di punizioni vere ben poco. Almeno da questo punto di vista il marciatore dopato ci ha dato una lezione di vita.
Parliamone.