Su Facebook a lavoro? La morsa restrittiva di alcune aziende si fa sentire e iniziano a fare notizia i primi licenziamenti a causa del noto social network, in Italia, lungo tutto lo stivale. Per i giudici del nostro paese, sembra prevalere la causa del giusto licenziamento in quei casi in cui si accerta l’utilizzo di Facebook in orari di lavoro, per fini, è chiaro, che vanno al di là del proprio ruolo professionale.
Proprio su Facebook i datori di lavoro riescono a tracciare i movimenti e gli accessi dei propri dipendenti, soprattutto quelli più sprovveduti: di qui, il moltiplicarsi di cause legali per l’interruzione di un rapporto di collaborazione. Due casi su tutti, il primo a Roma e il secondo a Genova. Nella Capitale, un dipendente della Cassa nazionale di previdenza dei commercialisti non solo passava su Facebook più tempo del dovuto ma, in questo caso, ha anche ingenuamente criticato, dalla sua bacheca, proprio il suo capo.
Caso simile, ma con qualche sfaccettatura, a Genova, dove un lavoratore che aveva in dotazione uno smartphone aziendale con abbonamento flat garantito dall’azienda, a seguito di una causa legale, è stato inesorabilmente sconfitto al banco degli imputati. In questo caso, il giudice ha sentenziato che l’utilizzo non autorizzato di internet per navigare su Facebook come in generale nel web in orario di lavoro, è un reato, anche da smartphone e dispositivi portatili, a maggior ragione se di proprietà della compagnia con la quale si collabora.